ARTICOLI E NOTIZIE SULL'INCESTO E LA PEDOFILIA E COME COMBATTERLI.

sabato 9 febbraio 2008

ORGANIZZAZIONI PEDOFILE

Le organizzazioni pedofile: per giustificare, perpretare e difendere



I pedofili hanno dato vita a delle vere e proprie organizzazioni che testimoniano come entrare nel mondo della pedofilia sia come entrare in una società segreta. Ci si riconosce, infatti, solo mediante l’uso di codici particolari; e l’ingresso nella confraternita è amministrato da regole molto rigide. I nomi di alcune di esse sono: Rene Guyon Society, North American Man/Boy Love Association, Paedophile Information Exchange. Sono strutture create apposta per proteggere i loro membri: hanno sede in Europa, America del Nord e Australia ed incoraggiano attivamente i loro membri ad abusare dei bambini in Asia, Africa, America del Sud e pure in Europa dell’Est, piuttosto che nei loro rispettivi paesi, per il fatto che in quelle zone le pene sono meno severe.

A difesa delle loro attività, queste società si fanno scudo con giustificazioni mistificanti come la predisposizione culturale ad un comportamento sessuale libero, da parte dei paesi asiatici, latino-americani ed ex-sovietici. Oppure, il riscatto dalla povertà offerto alle giovani vittime grazie al denaro con cui i clienti pagano i bambini. I servizi più costosi che esse offrono consistono nel procurare ai soci video pornografici con attori i piccoli, scambi di foto, nonché un kit di sopravvivenza. Il più noto è l’Escape Manual che contiene un passaporto falso, nuovi documenti personali e consiglia di tenere il denaro in un luogo sicuro, pronto per l’evenienza di una rapida fuga, di affittare la casa per gli incontri invece di comperarla e di tenere il materiale pornografico in una cassetta di sicurezza privata.



Il sistema di protezione



La prima e più evidente funzione di tali strutture è quella di fornire una rete di informazioni che permetta ai pedofili di sopravvivere e di eludere la legge pur continuando a praticare, indisturbati, lo sfruttamento sessuale dei piccoli. Essi, infatti, sono fortemente osteggiati nei loro paesi, quindi l’unico modo che hanno per operare è quello di riunirsi in gruppi clandestini e di ottenere il sostegno della polizia e di individui influenti dell’ambiente giudiziario.

Molto frequentemente, le pubblicazioni a cui i pedofili hanno dato vita, come Swing e Lolita, insieme alle riviste clandestine, avvisano i lettori delle imminenti operazioni della polizia, il cui obiettivo è quello di scoprire i trafficanti di bambini e requisire materiale pornografico. Per ottenere questo genere di informazioni, le associazioni hanno costituito delle unità che permettono ai soci di essere sempre a conoscenza delle iniziative intraprese contro di loro, grazie a soffiate che ricevono sulle retate e sulle perquisizioni in programma. Infine, forniscono indirizzi di case sicure per gli eventuali contatti, nonché garantiscono l’assistenza legale di avvocati compiacenti in caso di necessità.



Donne pedofile: un fenomeno in crescita



La prostituzione minorile non si presenta, comunque, solo sotto l’aspetto della pedofilia maschile. Altri volti le sono propri. E’ in forte crescita, infatti, il fenomeno della pedofilia femminile, alimentato da donne che provano un forte impulso nel ricercare rapporti sessuali con bambini piccoli come i maschi, grazie ai quali riuscirebbero a soddisfare ad un tempo lo spirito materno e le esigenze sessuali femminili. E poiché la ricerca di un rapporto sessuale con un ragazzo preadolescente è fisicamente difficile, le donne pedolie, provenienti per la maggior parte dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti e solite viaggiare in coppia, utilizzano ormoni o droghe che iniettano nei testicoli di bimbi di 6-7 anni per permettere che l’unione sessuale avvenga con il pieno soddisfacimento. Si sa ben poco sull’uso sempre più diffuso di tali sostanze. Sicuramente esse producono effetti collaterali sgradevoli per il minore, tantochè un trattamento ormonale del genere, causando un abnorme ingrossamento del pene, è una forte minaccia per la vita di un bambino.





Fra patologia e puro divertimento



Se il comportamento pedofilo è caratterizzato da aspetti di natura piscologica e psichiatrica, al contrario, l’abitudine di chi abusa sessualmente di un minore durante una vacanza esotica, non ha alcuna caratteristica patologia, ma unicamente di divertimento occasionale. Il turista sessuale è colui che cerca l’evasione dalla rigidità della sua vita troppo ben organizzata, immersa nei modelli di una società che attribuisce un’importanza eccessiva al sesso, inserendolo in una logica di potere.

La maggior parte di essi conduce un’esistenza normale nei propri paesi, ma sulle spiagge della Thailandia o di Cuba, si rilassa nei costumi locali dimenticando le norme morali della comunità cui appartiene. In nome di un piacere capace di vincere la noia, i turisti sono disposti a perseguire il desiderio egoista di potere, di dominio, con la scusa di provare compassione per il bambino povero oggetto del loro abuso. I turisti si comportano a Bangkok, Manila, a Bucarest o a Mosca come non si sognerebbero mai di fare a casa loro. Anche se essi, nei loro paesi d’origine, percepiscono un misero stipendio e svolgono un lavoro noioso e umile, appena arrivano in un paese asiatico o latino-americano assumono l’aria dei padroni.



Le multinazionali favoriscono



Per gli uomini d’affari, addirittura, il sesso è compreso nelle spese della multinazionale: vi sono manager provenienti da Hong Kong, Taiwan o Singapore disposti a pagare anche dai 300 ai 500 dollari per appartarsi con prostitute adolescenti. La serie di alberghi, di bar e di locali, sorti sull’ondata di pubblicità che la prostituzione infantile ha portato nei paesi economicamente poveri, sono in grado di fornire ai clienti stranieri tutto ciò che essi desiderano: giovani prostituti, di qualsiasi età, il cui comportamento, provocante e lagnoso, non si distingue da quello di una prostituta professionista.

Lungo le vie delle più famose città asiatiche è usuale vedere agli angoli delle strade nugoli di bambini che, aspettando l’alba e sniffando colla, vengono avvicinati da alcuni clienti occidentali che li abbordano e contrattano il prezzo. Da Bucarest a Recife i piccoli dicono di odiare i clienti, ma si vendono perché costretti dalla loro immensa povertà. I fanciulli diventano così una delle tante merci sul mercato, offerti dai mediatori in ogni istante davanti ai bordelli e sfruttati dai gestori dei locali, che non temono nulla: sanno che la loro attività gode la protezione sia delle autorità locali, della polizia che della malavita organizzata. Una lunga catena di complicità giustifica ed incoraggia la prostituzione infantile e, con essa, gli aberranti crimini che vengono commessi.



I bimbi nel giro dlla chicken porn



La pornografia è l’altro volto della prostituzione minorile, quello che l’aiuta a diffondersi velocemente e che ne crea un business colossale. L’attività dei pornografi consiste nel girare le scene erotiche dei film hard utilizzando bambini come attori, indipendentemente dalla loro nazionalità. Sono, quindi, pubblicitari particolari che producono pornografia con le immagini di piccoli indifesi reclutati con lusinghe o con la violenza. Per la maggior parte, sono pedofili e pederasti, ma non è esclusa l’ipotesi che un pornografo sia anche un comune turista. Per ciascuno di loro il materiale pornografico diventa, un utile ed indispensabile mezzo, per congelare sia il bambino all’età preferita che l’oggetto dell’abuso. Sono disposti a pagare qualcosa in più, pur di poter filmare le loro performance. Sanno perfettamente che i video che riescono a registrare è merce che circolerà senza troppi fastidi in ogni singolo paese.

La pornografia infantile o, come spesso è chiamata nel giro la kiddie o chicken porn, ha potuto diffondersi in modo clandestino ma massiccio in questi anni, soprattutto, per la scarsa attenzione al fenomeno dimostrata dalla società nel suo insieme. Lo sviluppo del mercato di videocamere, infatti, ha dotato i pedofili e i turisti di una nuova ed importante fonte di guadagno e di morboso interesse. Il grande vantaggio, infatti, della videocamera è la riservatezza che offre senza il bisogno di ricorrere ai laboratori fotografici. E l’introduzione delle videocamere sul mercato dagli inizi degli anni ’80, ha provocato un esplosivo aumento nella realizzazione, nello scambio e nella vendita di cassette di pornografia infantile.



Milioni le copie di video vendute nel mondo



Le stime ufficiali parlano di 250 milioni di copie di video venduti in tutto il mondo, di cui 20 milioni solo in America. Tutt’oggi, la produzione commerciale e la distribuzione di materiale pornografico infantile avviene senza nessun intervento legale negli Stati Uniti, in Danimarca, in Svezia e in Olanda. Negli Usa le stime parlano di circa 600.000 bambini coinvolti nel mercato della pornografia. In particolare, i film pornografici più ricercati sono quelli in cui il minore viene violentato, torturato ed ucciso.

In questi casi, il prezzo di una cassetta può aggirarsi attorno agli 80 milioni. Il nome di questi film, a Manila, è snuff e terminano, appunto, con la morte del minore usato come attore. Il fatto sconvolgente è che non si tratta di una finzione, ma di una morte vera. Lo sfruttamento sessuale di minori è un problema che sta investendo la nostra società e, quelle a noi distanti, più velocemente di quanto la consapevolezza umana ne possa aver coscienza. E’ sempre di più una piaga che caratterizza non solo i paesi poveri, quelli che la gente ricca è abituata a chiamare “gli stati del Terzo Mondo”.



Un fenomeno che non conosce limiti



Quando si parla di prostituzione a danno di minore, infatti, non si deve solo ed unicamente pensare all’Asia, al Brasile, all’Africa. E’ un dramma che si è aperto un varco anche nei paesi europei e americani, insediandosi come un virus letale. Non è più, oggi, solo un fenomeno che interessa spiagge lontane, mete distanti da noi tutti chilometri e chilometri. No, è un problema vicinissimo, che l’orgoglio comune ci fa respingere con ostinazione. Eppure i “coccodrilli” e le “prede” sono diventati i protagonisti di un gioco perverso che non sono più gli altri solamente a vivere, ma di cui noi stessi ci ritroviamo ad essere gli ignari protagonisti. La prostituzione piano piano, con passo felpato, attenta a non destare sospetto con rumore alcuno, si è insediata nelle nostre città, fra le nostre vie, dentro le nostre case, nelle menti di coloro che non diremmo mai essere pedofili o turisti amanti del sesso, a tal punto, di arrivare ad usare una giovane vita.

E’ uno sterminio che non accenna a placarsi e, pur di soddisfare le voglie di manager intraprendenti, di amabili insegnanti, di sacerdoti fedeli ad una fede di altra natura, miete vittime innocenti. Vittime illuse, catturate, trasportate come animali attraverso le rotte che il crimine gestisce, fino a raggiungere la meta: i nostri paesi, fra le braccia dei nostri uomini o le carezze delle nostre donne.



I nostri figli a rischio



Vittime che possono essere i nostri figli che tendono fiduciosi le braccia al padre, i nostri nipoti che non dubiterebbero mai di un loro parente; i nostri piccoli che sorridono ignari al coccodrillo che sta loro di fronte come sorridono gioiosamente alla vita che è in loro. Il piacere del sesso a danno di un minore è, oggi, anche la nostra vergogna: non più perché, con l’indifferenza, abbiamo permesso che l’orrore si diffondesse altrove per anni, ma soprattutto, perché ora l’orrore lo viviamo in prima persona.

La prostituzione infantile è sicuramente una questione nazionale ed internazionale. La società non può più tollerare che migliaia di bambini al di sotto dei 18 anni, più spesso dei 15, siano costretti allo sfruttamento sessuale per soddisfare la domanda di disinvolti stranieri. Quando un bambino diventa un bene di consumo come un altro, che si può acquistare, usare e buttare via, è la vita stessa a perdere di significato e a diventare un oggetto a cui si può dare un prezzo. In questo contesto, la prostituzione infantile rappresenta la perdita totale dei valori umani, la distruzione stessa del nostro futuro come specie. Un atto di profanazione estrema. E’ come dichiarare che i desideri personali ed egoistici hanno il sopravvento persino sull’istinto di conservazione della specie umana.

Sapere che esiste una donna già vecchia a 13 anni, costretta a sopportare ogni genere di abuso, che attende solo la prima occasione per farla finita e moltiplicare l’esperienza di questa ragazzina per cento, per mille, per diecimila, è la dimostrazione che si sta parlando di un assassinio contro l’umanità. Non si troveranno soluzioni definitive se ci si limiterà a considerare il problema unicamente dalla parte dell’offerta, evitando di intervenire anche nei paesi i cui cittadini beneficiano di questo tipo di “servizi”. La dignità di un bambino povero non vale di meno perché é povero o assume valore quando quella di un bambino ricco viene lesa. Se si vuole sconfiggere concretamente tale abuso non ci si può lasciare andare a stupidi paragoni, ricordanto che chi non ha il minimo di dignità umana sono coloro che non sanno, perché non vogliono, rispettare prima di tutto, la dignità altrui. Essi sono uomini e donne che, sull’altare del loro sadismo, sono disposti a sacrificare la dignità di un piccolo, stigmatizzandolo per sempre. E’ necessario, quindi, che i singoli stati e la comunità internazionale reagiscano.



Un eccidio che si può prevenire



Gli strumenti per impedire ai coccodrilli di avvicinarsi alle loro prede esistono e la società li possiede. Si chiamano Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo adottata dall’ONU nel 1959 e una successiva Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989, nonché la recente legge italiana n. 269 approvata dal Parlamento il 3 Agosto 1998, dal titolo “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzioni in schiavitù”.

Fino ad ora questi strumenti sono stati usati con poca convinzione, permettendo sfacciatamente all’impunità di farsi avanti, alimentando un circolo vizioso dove il più forte riesce sempre e a qualunque costo a vincere; e dove al più debole, per una legge antica ed ingiusta, non rimane altro che gridare. La prostituzione minorile è un processo che tende a disumanizzare, un eccidio che si può prevenire. Questo dipende dalla coscienza di chi ci governa, di chi alimenta il business economico, di chi tiene viva l’industria del divertimento nel mondo. Dipende da noi.

NICOLETTA BRESSAN

Una riflessione sulle possibilità di scelta concesse o negate ai singoli esseri umani in determinati contesti economici, sociali e culturali, vuole essere la chiave di lettura attraverso la quale ripercorrere e interpretare i risultati ai quali chi scrive è pervenuto attraverso una ricerca sociologica realizzata su un campione di 154 minorenni (69 maschi e 85 femmine) che esercitano la prostituzione nel territorio di Puerto Plata, località turistica situata nella costa settentrionale della Repubblica Dominicana. L’analisi dei percorsi di vita dei soggetti intervistati consente infatti di mettere in luce in primo luogo in quale misura il loro coinvolgimento nella prostituzione sia determinato dall’estrema limitatezza (se non addirittura mancanza) di "possibilità di scelta", e, in secondo luogo, in che modo l’esperienza di prostituzione stessa restringa ulteriormente la gamma di opzioni alternative. In altri termini è necessario prendere in considerazione le condizioni di partenza che hanno impedito uno sviluppo umano armonioso dei soggetti considerati (stato di indigenza, scarso accesso ai servizi di base, bassa scolarizzazione, disgregazione familiare ecc.) e, al tempo stesso, gli effetti devastanti sulla loro salute fisica e mentale provocati dalla vita di strada, al fine di individuare strategie di intervento per una loro riabilitazione e reinserimento nella società.



Ma non solo. Adottare la prospettiva delle scelte permette di inserire il complesso fenomeno del prostituzione minorile all’interno della più ampia problematica relativa ai rapporti Nord/Sud del mondo e di interrogarsi criticamente sulle pesanti responsabilità dell’Occidente nel determinare le condizioni di sottosviluppo dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo (responsabilità palesi, del resto, nel caso del turismo sessuale).



Che lo sfruttamento sessuale dei minori costituisca una grave violazione dei diritti umani è chiaramente sancito dalla "Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia", approvata dall’ONU nel 1989, la quale negli articoli 34 e 35 stabilisce che gli Stati firmatari devono adottare ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale al fine di proteggere il minore da ogni forma di violenza e di sfruttamento sessuale (compresa la produzione di materiale pornografico e l’induzione alla prostituzione) e di contrastare il rapimento, la vendita e il traffico di minori a qualsiasi fine (compreso quello sessuale).



In Repubblica Dominicana, dopo la ratifica della Convenzione, è stato promulgato nel 1994 il Código para la protección de niños, niñas y adolescentes, che ha come obiettivo quello di tutelare i minori creando le condizioni affinché possano svilupparsi fisicamente, mentalmente e socialmente in maniera armoniosa. Di fatto, però, una cultura del rispetto dei diritti dell’infanzia stenta ancora a diffondersi, soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, dove sono particolarmente frequenti i casi di abuso sessuale e maltrattamento a danno di bambini e adolescenti. Anche a livello istituzionale si riscontrano tuttora pesanti responsabilità nella mancata applicazione del Código, e gli stessi rappresentanti delle forze dell’ordine si rendono non di rado protagonisti di gravi violazioni dei diritti dei minori.



Per quanto riguarda la prostituzione minorile, che, secondo uno studio del 1992 dell’UNICEF coinvolge circa 25.000 minori in tutto il paese, il governo dominicano ha spesso assunto una posizione ambigua soprattutto nell’ammettere il legame tra tale fenomeno e quello del turismo sessuale. Non va dimenticato, infatti, che il turismo rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia e che gran parte della promozione turistica della Repubblica Dominicana ha fatto leva esplicitamente, così come accaduto per altre località dei Caraibi, sugli stereotipi "dell’esotico" e del "paradiso sessuale".



L’intento del presente articolo vuole essere quello di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi emersi dallo studio sul campo tenendo ben presente che il fenomeno della prostituzione minorile presenta caratteri di estrema complessità e problematicità. Troppo spesso, infatti, come risulta chiaramente dalla letteratura di riferimento, nell’affrontare questo argomento si cede alla tentazione di spiegazioni riduzionistiche che restituiscono una visione banalizzante e slegata dagli specifici contesti socio-economici e culturali. Il primo passo sarà quello di esaminare il problema della povertà e le sue implicazioni, per poi ricostruire sinteticamente i contesti familiari e il rapporto degli intervistati con il sistema scolastico. Infine si ripercorrerà l’esperienza della prostituzione illustrandone brevemente gli scenari tipici e il ruolo del turismo sessuale.



Così come per il concetto di sviluppo umano, anche per quanto riguarda quello di povertà, l’UNDP ribadisce la necessità di un approccio multidimensionale che tenga conto non solo del reddito o del consumo, ma anche della possibilità di vivere un’esistenza lunga, salutare, creativa, libera, dignitosa. In linea generale, le caratteristiche della povertà, oltre ai bassi livelli di reddito, consistono in una serie di tratti riscontrabili empiricamente tra i quali vi sono le maggiori dimensioni dei nuclei familiari, la tendenza a sposarsi precocemente, gli elevati indici di fecondità, la diffusione di famiglie incomplete o ricostituite, il basso livello di istruzione, la precarietà occupazionale, ecc.



Come è noto, nel corso degli anni ’80, ridenominati in modo significativo "decade perduta", si è verificata in tutti i paesi dell’America Latina un’acutizzazione della povertà, per effetto della crisi economica, della forte inflazione, dell’aumento vertiginoso del debito estero e delle relative politiche di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale. In Repubblica Dominicana, la carenza di politiche sociali per controbilanciare quelle di aggiustamento ha determinato un notevole peggioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, tanto che nel 1993, secondo stime governative, il 60% circa delle famiglie dominicane viveva in condizioni di povertà.



Solitamente, la prostituzione è concepita come un problema tipico della povertà e ciò risulterebbe confermato dal fatto che tutti i tratti caratteristici sopra menzionati risultano presenti nelle famiglie di origine degli intervistati. Non c’è dubbio che la mancanza di risorse economiche sia tra i fattori principali che favoriscono l’ingresso nella prostituzione, ma l’analisi non può arrestarsi a questo motivo di fondo, a meno di non voler affermare che tutte le persone che vivono in condizioni di miseria finiranno prima o poi per prostituirsi. E’ necessario infatti approfondire il vissuto dei soggetti coinvolti e mettere in luce quell’insieme di circostanze intra ed extra familiari, di esperienze e di eventi traumatici che, innestati in un contesto di deprivazione, impediscono ogni altra scelta alternativa.



L’analisi dei contesti familiari di provenienza ha permesso di disegnare, in tutta la sua complessità, un quadro di relazioni caratterizzato prevalentemente da processi di disgregazione più o meno traumatici, abbandoni, formazione di nuove unioni, instabilità o assenza delle figure di riferimento e alti livelli di conflittualità. I dati mostrano infatti che al momento della ricerca solo il 27% dei genitori risultava unito e che i processi di separazione sono avvenuti soprattutto nei primi cinque anni di vita dell’intervistato. Ciò indica che la fase di socializzazione primaria è stata segnata, nella maggioranza dei casi, dall’assenza di uno o entrambi i genitori, con conseguente instabilità delle figure di riferimento e discontinuità affettiva. In particolare, l’abbandono da parte della madre, vissuto e rappresentato con drammaticità, sembra aver avuto, secondo le parole degli stessi intervistati, effetti devastanti sullo sviluppo della loro personalità, quali profonda insicurezza emotiva, disorientamento, bassa autostima e senso di vuoto.



Va comunque precisato che nella maggioranza dei casi le famiglie di provenienza degli intervistati non erano fondate su un matrimonio formalmente riconosciuto. Alcuni studi sulla famiglia dominicana mettono in evidenza che, a causa dei processi di secolarizzazione in corso e della mancanza di forti sanzioni sociali nei confronti della convivenza, il tipo di unione predominante nel paese non è il matrimonio, civile e/o religioso, ma l’unione di fatto. Ciò spiega in parte la diffusione del fenomeno delle separazioni e l’alta percentuale (27% dato nazionale) di familias matrifocales, guidate cioè da una donna, soprattutto fra gli strati più poveri della popolazione, dove è forte l’influenza di una cultura tradizionale estremamente sessista (machismo) 7.



Lo studio del clima familiare ha aggiunto un’ulteriore informazione di fondamentale importanza per comprendere il complesso di relazioni affettive in cui sono cresciuti i soggetti intervistati. Soprattutto nel caso delle ragazze, i numerosi riferimenti all’ambiente familiare hanno permesso di ricostruire uno scenario costituito da frequenti episodi di maltrattamento fisico e psicologico (vi sono anche tre casi di abuso sessuale perpetrato da familiari), da forti tensioni, da alcoolismo e mancanza di comunicazione, mentre nel caso dei ragazzi il clima familiare si caratterizza per un minore livello di conflittualità. Per ciò che concerne, inoltre, le relazioni con i genitori, si rileva che mentre la madre resta comunque un punto di riferimento più stabile, il padre risulta essere una figura abbastanza assente nell’universo affettivo degli intervistati, e viene spesso descritta mettendone in evidenza il carattere severo e violento, l’incapacità di comunicare e la frequenza delle relazioni extraconiugali.



L’espulsione precoce dal sistema educativo (il 92% del campione ha lasciato definitivamente la scuola) e i bassi livelli di scolarizzazione raggiunti (il 58% delle ragazze, contro il 36% dei maschi, non ha completato nemmeno la scuola elementare) costituiscono altri due tratti distintivi del vissuto dei minori intervistati. Per ciò che riguarda le ragazze, i principali motivi di abbandono della scuola risultano essere i problemi in famiglia (32%) e l’unione e/o l’arrivo di un figlio (29%), mentre per i ragazzi emerge tra tutti l’esigenza di lavorare per apportare un aiuto economico alla famiglia (48%), e, secondariamente, il disinteresse per lo studio (17%).



E’ necessario fare in proposito due considerazioni generali. La prima riguarda la diffusione delle unioni precoci in Repubblica Dominicana. In base a quanto rilevato da recenti studi governativi, le donne giungono al matrimonio o all’unione prima degli uomini, ad un’età media di 19 anni, e tale tendenza è inversamente proporzionale al livello di istruzione raggiunto. Tra gli strati più emarginati della popolazione l’età media si abbassa ulteriormente, con il risultato di unioni spesso instabili e di breve durata. Nel campione intervistato il 73% delle ragazze ha già avuto un’esperienza di convivenza non andata a buon fine (oltre all’incomprensione, le ragazze indicano tra i motivi di separazione i frequenti maltrattamenti fisici, l’alcoolismo, i tradimenti e l’induzione alla prostituzione) e il 30% circa è già madre di almeno un figlio.



La seconda considerazione riguarda invece la diffusione del lavoro minorile. Innanzitutto va precisato che il lavoro minorile non è solo una conseguenza della povertà, ma ne è anche causa: nel momento in cui il minore, pressato dalle necessità economiche, abbandona la scuola per svolgere un qualche tipo di attività produttiva (spesso in condizioni di precarietà, sfruttamento, bassa qualifica e scarsa remunerazione), si preclude definitivamente la possibilità di raggiungere la preparazione culturale o professionale per accedere ad un impiego migliore (circolo vizioso della povertà). In secondo luogo bisogna tenere presente che il lavoro minorile è fortemente valorizzato nella società dominicana poiché sancisce il passaggio dalla fase adolescenziale alla "vita adulta", e che le culture latino-americane sono fortemente promotrici del lavoro minorile poiché ritengono possa essere una strategia di prevenzione della devianza giovanile.



Prima di dar conto dell’esperienza di prostituzione è opportuno tratteggiare ora gli scenari tipici della vita di strada in Repubblica Dominicana. Sintetizzando, si può distinguere tra una modalità di prostituzione "formale" (o "tradizionale"), gestita da terze persone e praticata in locali e postriboli di vario tipo (casas de cita, centros cerveceros, cabaret, bares, cafeterías, night-clubs, ecc.) e una "informale", diffusa principalmente nelle strade, nelle spiagge, nei grandi complessi alberghieri e in tutti i luoghi frequentati da turisti. Mentre il primo tipo riguarda esclusivamente le donne e una minoranza di ragazzi omosessuali, la modalità di prostituzione "informale" vede coinvolti giovani di entrambi i sessi. Paradossalmente, nonostante il locale costituisca un luogo di sfruttamento e violenza, la presenza dei gestori riesce a garantire alle ragazze un certo grado di protezione e controllo, mentre in strada i rischi e la pericolosità risultano di gran lunga maggiori, essendo i ragazzi esposti ad abusi ed aggressioni non solo da parte di clienti e criminali, ma anche della polizia. Quest’ultima infatti, lungi dal porsi in un ottica di sostegno o di tutela del minore, adotta un comportamento duramente repressivo nei confronti dei ragazzi di strada, che sono sistematicamente oggetto di arresto arbitrario, e che non di rado vengono derubati, picchiati e insultati dagli stessi poliziotti.



Il primo elemento emerso con forza dalle testimonianze raccolte è una differenziazione in base al genere, che caratterizza in maniera netta e profonda non solo l’esperienza di prostituzione in sé, ma anche l’immagine di se stessi e il modo di rappresentarsi. Nella cultura dominicana la prostituzione è considerata socialmente un’attività di esclusiva competenza femminile, e ciò spiega le molte resistenze ed ambiguità nel definire quella maschile. L’esperienza sul campo ha mostrato infatti che quest’ultima non si articola secondo moduli facilmente riconoscibili e risulta assai difficile ricostruire un "percorso tipico" di ingresso, in quanto gli stessi attori coinvolti sembrano talvolta non avere una percezione chiara del proprio ruolo e dei rischi in cui incorrono.



In linea generale, la figura maschile corrispondente alla prostituta è quella del sanky-panky, ossia di colui che intrattiene rapporti sessuali con turisti (uomini e/o donne) al fine di trarne benefici economici. Considerando il forte disprezzo e la discriminazione della cultura machista nei confronti dell’omosessualità, si comprende perché i soggetti intervistati abbiano ammesso con difficoltà e reticenza di avere relazioni sessuali anche con uomini stranieri: la maggior parte di essi, infatti, tendeva a rappresentarsi piuttosto come un "conquistatore" di donne, ricalcando lo stereotipo del macho latino, negando perfino di ricevere un corrispettivo in cambio delle proprie prestazioni sessuali. Inoltre la parola sanky si carica di una forte connotazione negativa, poiché ad essa vengono associati tutta una serie di comportamenti considerati devianti (furto, uso di droga, bisessualità, ecc.). Per tali ragioni la maggioranza degli intervistati tendeva a prendere le distanze da questo modello pur adottando di fatto simili comportamenti. Tutti i sanky intervistati, di età compresa tra i 16 e i 20 anni, svolgevano un qualche tipo di attività lavorativa nell’ambito del settore turistico (animatori degli hotel, bagnini, personale alberghiero, venditori, ecc.) e, nonostante i bassi livelli di scolarizzazione, non di rado parlavano più di una lingua straniera.



Il fatto che i sanky pratichino la prostituzione saltuariamente all’interno del loro ambiente lavorativo e spesso, a differenza delle ragazze, senza un’esplicita richiesta di denaro, costituisce forse l’aspetto più pericoloso e ambiguo della prostituzione maschile, poiché rende particolarmente difficile approntare programmi di intervento.



Va sottolineato, tuttavia, che la prostituzione viene praticata più o meno occasionalmente anche da molti niños y adolescentes de la calle, ossia da quei minori che, avendo rotto i legami familiari, vivono in strada in condizioni di particolare pericolosità, guadagnandosi da vivere attraverso una serie di attività più o meno legali (accattonaggio, lavoretti precari, furto, ecc.). Nel corso della ricerca, è stata rilevata la presenza di un gruppo di ragazzini lustrascarpe (limpiabotas), di età compresa tra i 10 e i 15 anni, dediti alla prostituzione con turisti stranieri.



Nel caso delle ragazze, la chiara percezione di sé e la conseguente autorappresentazione in termini di "prostitute", hanno consentito di tracciare un percorso tipico che pur tra molteplici varianti e sfumature descrive efficacemente i motivi e le circostanze di inizio. L’ingresso nella prostituzione è strettamente legato alla definitiva espulsione dal nucleo familiare. In genere si tratta, come già analizzato precedentemente, di una fuga da una situazione altamente conflittuale, spesso caratterizzata da maltrattamenti e violenze, che spinge a un’unione precoce in condizioni di immaturità e impreparazione. La successiva separazione in circostanze più o meno traumatiche e l’eventuale presenza di figli da mantenere senza il sostegno del compagno, aumenta lo stato di angoscia e disperazione e rende facilmente vulnerabili di fronte alla prospettiva di un "guadagno facile". In questo momento di difficoltà gioca un ruolo chiave l’incontro con una "amica" (in genere un’intermediaria) la quale, facendo leva sulle necessità economiche della ragazza e sulla sua ingenuità, la conduce in un locale (talvolta dietro compenso da parte dei gestori) e la inizia alla vita di strada.



Una volta entrata a far parte della realtà della prostituzione, con i suoi stili di vita e le sue norme, si inizia un processo di progressivo isolamento e di rottura delle relazioni interpersonali precedentemente stabilite. La mancanza di fiducia negli altri e la durezza delle esperienze vissute quotidianamente spingono all’adozione di comportamenti aggressivi e individualisti, che hanno l’effetto di aumentare ulteriormente le distanze con le altre coetanee "non coinvolte". Quanto più la ragazza va cambiando l’immagine di sé, tanto più tende ad autoemarginarsi dal "mondo rispettabile" e a percepire il rifiuto e la stigmatizzazione sociale. Inoltre, la bassa autostima riduce notevolmente la capacità di influire sul corso della propria vita, tanto che, in bilico tra fatalismo e rassegnazione, le possibilità di cambiamento vengono così affidate a fattori esterni (la speranza di incontrare tra i clienti un "uomo buono", uno straniero, o il verificarsi di un evento miracoloso).



Un’ultima riflessione riguarda il turismo sessuale. Le testimonianze raccolte mostrano in maniera inequivocabile lo stretto legame esistente tra tale fenomeno e la prostituzione minorile, in particolar modo nel caso dei ragazzi sanky la cui clientela è costituita esclusivamente da turisti. Dalle parole dei soggetti intervistati il rapporto con il turista sessuale emerge in tutta la sua problematicità, sia nel suo aspetto di sfruttamento e violenza, sia in quello più sottile e sfuggente di dipendenza. Lo straniero rappresenta spesso ai loro occhi l’unica possibilità di uscire dalla condizione di miseria, di lasciare la prostituzione e di viaggiare fuori del paese. In questo senso la relazione di subordinazione che viene a crearsi sembra riprodurre su piccola scala quella che vincola il Sud al Nord del mondo.



Alcuni studi presentati in occasione del "Primo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Minori" (Stoccolma, agosto 1996) hanno tentato di mettere a fuoco le possibili motivazioni di natura psicologica, sociale e culturale che favoriscono il turismo sessuale. In particolare si è fatto riferimento alla posizione di superiorità economica, alla sensazione di libertà dai vincoli sociali, alla mancanza di conoscenza della lingua e della cultura del paese ospitante, che rafforza pregiudizi e false convinzioni (come ad esempio quella secondo cui la popolazione locale ha meno tabù sessuali), a frustrazioni e insicurezze personali, al bisogno di "evasione", all’emancipazione della donna in occidente, ecc. Se da un punto di vista legislativo, notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni in molti paesi occidentali attraverso l’introduzione del principio dell’extraterritorialità, che stabilisce la perseguibilità in patria di un cittadino che abbia commesso abuso su minori in un paese straniero, molto ancora resta da fare sul fronte della sensibilizzazione. Combattere il turismo sessuale significa in questa prospettiva lavorare intensamente sul piano della conscientizzazione dell’opinione pubblica del Nord del mondo, attraverso una seria critica agli stereotipi e atteggiamenti etnocentrici, educando al rispetto delle culture "altre" e promuovendo una reale conoscenza dei paesi del Terzo Mondo e della questione del sottosviluppo.



Concludendo, in questa breve presentazione del problema della prostituzione minorile a partire da un caso concreto, si è tentato di illustrare come le possibilità di scelta dei minori coinvolti, già pesantemente limitate al momento della nascita, si siano andate ancor più riducendo, fino ad annullarsi, con l’ingresso nel mondo della prostituzione. Una strategia concreta che miri all’ampliamento di tali possibilità di scelta, deve, a parere di chi scrive, da un lato intervenire sul minore stesso offrendogli assistenza e sostegno psicologico nonché occasioni di formazione professionale e culturale, dall’altro, coinvolgere l’intero contesto in cui è inserito (famiglia, scuola, forze di polizia, ma anche, paradossalmente, intermediari e gestori dei locali che svolgono un ruolo chiave nel mondo della prostituzione) per consentire quel processo di ricostruzione di un’immagine positiva di sé e di reintegrazione nel tessuto sociale.



Si auspica, infine, un maggiore impegno da parte della ricerca sociale nell’affrontare i problemi dell’emarginazione e del sottosviluppo, attraverso studi sul campo che siano di aiuto nell’identificare adeguati strumenti di intervento e nel portare alla luce il mondo sommerso di coloro che non hanno occasioni per far sentire la propria voce. In tal senso, la ricerca condotta in Repubblica Dominicana ha voluto dare un piccolo contributo alla conoscenza del fenomeno a partire dagli stessi attori coinvolti, nel pieno rispetto della loro dignità.

Le organizzazioni pedofile: per giustificare, perpretare e difendere



I pedofili hanno dato vita a delle vere e proprie organizzazioni che testimoniano come entrare nel mondo della pedofilia sia come entrare in una società segreta. Ci si riconosce, infatti, solo mediante l’uso di codici particolari; e l’ingresso nella confraternita è amministrato da regole molto rigide. I nomi di alcune di esse sono: Rene Guyon Society, North American Man/Boy Love Association, Paedophile Information Exchange. Sono strutture create apposta per proteggere i loro membri: hanno sede in Europa, America del Nord e Australia ed incoraggiano attivamente i loro membri ad abusare dei bambini in Asia, Africa, America del Sud e pure in Europa dell’Est, piuttosto che nei loro rispettivi paesi, per il fatto che in quelle zone le pene sono meno severe.

A difesa delle loro attività, queste società si fanno scudo con giustificazioni mistificanti come la predisposizione culturale ad un comportamento sessuale libero, da parte dei paesi asiatici, latino-americani ed ex-sovietici. Oppure, il riscatto dalla povertà offerto alle giovani vittime grazie al denaro con cui i clienti pagano i bambini. I servizi più costosi che esse offrono consistono nel procurare ai soci video pornografici con attori i piccoli, scambi di foto, nonché un kit di sopravvivenza. Il più noto è l’Escape Manual che contiene un passaporto falso, nuovi documenti personali e consiglia di tenere il denaro in un luogo sicuro, pronto per l’evenienza di una rapida fuga, di affittare la casa per gli incontri invece di comperarla e di tenere il materiale pornografico in una cassetta di sicurezza privata.



Il sistema di protezione



La prima e più evidente funzione di tali strutture è quella di fornire una rete di informazioni che permetta ai pedofili di sopravvivere e di eludere la legge pur continuando a praticare, indisturbati, lo sfruttamento sessuale dei piccoli. Essi, infatti, sono fortemente osteggiati nei loro paesi, quindi l’unico modo che hanno per operare è quello di riunirsi in gruppi clandestini e di ottenere il sostegno della polizia e di individui influenti dell’ambiente giudiziario.

Molto frequentemente, le pubblicazioni a cui i pedofili hanno dato vita, come Swing e Lolita, insieme alle riviste clandestine, avvisano i lettori delle imminenti operazioni della polizia, il cui obiettivo è quello di scoprire i trafficanti di bambini e requisire materiale pornografico. Per ottenere questo genere di informazioni, le associazioni hanno costituito delle unità che permettono ai soci di essere sempre a conoscenza delle iniziative intraprese contro di loro, grazie a soffiate che ricevono sulle retate e sulle perquisizioni in programma. Infine, forniscono indirizzi di case sicure per gli eventuali contatti, nonché garantiscono l’assistenza legale di avvocati compiacenti in caso di necessità.



Donne pedofile: un fenomeno in crescita



La prostituzione minorile non si presenta, comunque, solo sotto l’aspetto della pedofilia maschile. Altri volti le sono propri. E’ in forte crescita, infatti, il fenomeno della pedofilia femminile, alimentato da donne che provano un forte impulso nel ricercare rapporti sessuali con bambini piccoli come i maschi, grazie ai quali riuscirebbero a soddisfare ad un tempo lo spirito materno e le esigenze sessuali femminili. E poiché la ricerca di un rapporto sessuale con un ragazzo preadolescente è fisicamente difficile, le donne pedolie, provenienti per la maggior parte dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti e solite viaggiare in coppia, utilizzano ormoni o droghe che iniettano nei testicoli di bimbi di 6-7 anni per permettere che l’unione sessuale avvenga con il pieno soddisfacimento. Si sa ben poco sull’uso sempre più diffuso di tali sostanze. Sicuramente esse producono effetti collaterali sgradevoli per il minore, tantochè un trattamento ormonale del genere, causando un abnorme ingrossamento del pene, è una forte minaccia per la vita di un bambino.





Fra patologia e puro divertimento



Se il comportamento pedofilo è caratterizzato da aspetti di natura piscologica e psichiatrica, al contrario, l’abitudine di chi abusa sessualmente di un minore durante una vacanza esotica, non ha alcuna caratteristica patologia, ma unicamente di divertimento occasionale. Il turista sessuale è colui che cerca l’evasione dalla rigidità della sua vita troppo ben organizzata, immersa nei modelli di una società che attribuisce un’importanza eccessiva al sesso, inserendolo in una logica di potere.

La maggior parte di essi conduce un’esistenza normale nei propri paesi, ma sulle spiagge della Thailandia o di Cuba, si rilassa nei costumi locali dimenticando le norme morali della comunità cui appartiene. In nome di un piacere capace di vincere la noia, i turisti sono disposti a perseguire il desiderio egoista di potere, di dominio, con la scusa di provare compassione per il bambino povero oggetto del loro abuso. I turisti si comportano a Bangkok, Manila, a Bucarest o a Mosca come non si sognerebbero mai di fare a casa loro. Anche se essi, nei loro paesi d’origine, percepiscono un misero stipendio e svolgono un lavoro noioso e umile, appena arrivano in un paese asiatico o latino-americano assumono l’aria dei padroni.



Le multinazionali favoriscono



Per gli uomini d’affari, addirittura, il sesso è compreso nelle spese della multinazionale: vi sono manager provenienti da Hong Kong, Taiwan o Singapore disposti a pagare anche dai 300 ai 500 dollari per appartarsi con prostitute adolescenti. La serie di alberghi, di bar e di locali, sorti sull’ondata di pubblicità che la prostituzione infantile ha portato nei paesi economicamente poveri, sono in grado di fornire ai clienti stranieri tutto ciò che essi desiderano: giovani prostituti, di qualsiasi età, il cui comportamento, provocante e lagnoso, non si distingue da quello di una prostituta professionista.

Lungo le vie delle più famose città asiatiche è usuale vedere agli angoli delle strade nugoli di bambini che, aspettando l’alba e sniffando colla, vengono avvicinati da alcuni clienti occidentali che li abbordano e contrattano il prezzo. Da Bucarest a Recife i piccoli dicono di odiare i clienti, ma si vendono perché costretti dalla loro immensa povertà. I fanciulli diventano così una delle tante merci sul mercato, offerti dai mediatori in ogni istante davanti ai bordelli e sfruttati dai gestori dei locali, che non temono nulla: sanno che la loro attività gode la protezione sia delle autorità locali, della polizia che della malavita organizzata. Una lunga catena di complicità giustifica ed incoraggia la prostituzione infantile e, con essa, gli aberranti crimini che vengono commessi.



I bimbi nel giro dlla chicken porn



La pornografia è l’altro volto della prostituzione minorile, quello che l’aiuta a diffondersi velocemente e che ne crea un business colossale. L’attività dei pornografi consiste nel girare le scene erotiche dei film hard utilizzando bambini come attori, indipendentemente dalla loro nazionalità. Sono, quindi, pubblicitari particolari che producono pornografia con le immagini di piccoli indifesi reclutati con lusinghe o con la violenza. Per la maggior parte, sono pedofili e pederasti, ma non è esclusa l’ipotesi che un pornografo sia anche un comune turista. Per ciascuno di loro il materiale pornografico diventa, un utile ed indispensabile mezzo, per congelare sia il bambino all’età preferita che l’oggetto dell’abuso. Sono disposti a pagare qualcosa in più, pur di poter filmare le loro performance. Sanno perfettamente che i video che riescono a registrare è merce che circolerà senza troppi fastidi in ogni singolo paese.

La pornografia infantile o, come spesso è chiamata nel giro la kiddie o chicken porn, ha potuto diffondersi in modo clandestino ma massiccio in questi anni, soprattutto, per la scarsa attenzione al fenomeno dimostrata dalla società nel suo insieme. Lo sviluppo del mercato di videocamere, infatti, ha dotato i pedofili e i turisti di una nuova ed importante fonte di guadagno e di morboso interesse. Il grande vantaggio, infatti, della videocamera è la riservatezza che offre senza il bisogno di ricorrere ai laboratori fotografici. E l’introduzione delle videocamere sul mercato dagli inizi degli anni ’80, ha provocato un esplosivo aumento nella realizzazione, nello scambio e nella vendita di cassette di pornografia infantile.



Milioni le copie di video vendute nel mondo



Le stime ufficiali parlano di 250 milioni di copie di video venduti in tutto il mondo, di cui 20 milioni solo in America. Tutt’oggi, la produzione commerciale e la distribuzione di materiale pornografico infantile avviene senza nessun intervento legale negli Stati Uniti, in Danimarca, in Svezia e in Olanda. Negli Usa le stime parlano di circa 600.000 bambini coinvolti nel mercato della pornografia. In particolare, i film pornografici più ricercati sono quelli in cui il minore viene violentato, torturato ed ucciso.

In questi casi, il prezzo di una cassetta può aggirarsi attorno agli 80 milioni. Il nome di questi film, a Manila, è snuff e terminano, appunto, con la morte del minore usato come attore. Il fatto sconvolgente è che non si tratta di una finzione, ma di una morte vera. Lo sfruttamento sessuale di minori è un problema che sta investendo la nostra società e, quelle a noi distanti, più velocemente di quanto la consapevolezza umana ne possa aver coscienza. E’ sempre di più una piaga che caratterizza non solo i paesi poveri, quelli che la gente ricca è abituata a chiamare “gli stati del Terzo Mondo”.



Un fenomeno che non conosce limiti



Quando si parla di prostituzione a danno di minore, infatti, non si deve solo ed unicamente pensare all’Asia, al Brasile, all’Africa. E’ un dramma che si è aperto un varco anche nei paesi europei e americani, insediandosi come un virus letale. Non è più, oggi, solo un fenomeno che interessa spiagge lontane, mete distanti da noi tutti chilometri e chilometri. No, è un problema vicinissimo, che l’orgoglio comune ci fa respingere con ostinazione. Eppure i “coccodrilli” e le “prede” sono diventati i protagonisti di un gioco perverso che non sono più gli altri solamente a vivere, ma di cui noi stessi ci ritroviamo ad essere gli ignari protagonisti. La prostituzione piano piano, con passo felpato, attenta a non destare sospetto con rumore alcuno, si è insediata nelle nostre città, fra le nostre vie, dentro le nostre case, nelle menti di coloro che non diremmo mai essere pedofili o turisti amanti del sesso, a tal punto, di arrivare ad usare una giovane vita.

E’ uno sterminio che non accenna a placarsi e, pur di soddisfare le voglie di manager intraprendenti, di amabili insegnanti, di sacerdoti fedeli ad una fede di altra natura, miete vittime innocenti. Vittime illuse, catturate, trasportate come animali attraverso le rotte che il crimine gestisce, fino a raggiungere la meta: i nostri paesi, fra le braccia dei nostri uomini o le carezze delle nostre donne.



I nostri figli a rischio



Vittime che possono essere i nostri figli che tendono fiduciosi le braccia al padre, i nostri nipoti che non dubiterebbero mai di un loro parente; i nostri piccoli che sorridono ignari al coccodrillo che sta loro di fronte come sorridono gioiosamente alla vita che è in loro. Il piacere del sesso a danno di un minore è, oggi, anche la nostra vergogna: non più perché, con l’indifferenza, abbiamo permesso che l’orrore si diffondesse altrove per anni, ma soprattutto, perché ora l’orrore lo viviamo in prima persona.

La prostituzione infantile è sicuramente una questione nazionale ed internazionale. La società non può più tollerare che migliaia di bambini al di sotto dei 18 anni, più spesso dei 15, siano costretti allo sfruttamento sessuale per soddisfare la domanda di disinvolti stranieri. Quando un bambino diventa un bene di consumo come un altro, che si può acquistare, usare e buttare via, è la vita stessa a perdere di significato e a diventare un oggetto a cui si può dare un prezzo. In questo contesto, la prostituzione infantile rappresenta la perdita totale dei valori umani, la distruzione stessa del nostro futuro come specie. Un atto di profanazione estrema. E’ come dichiarare che i desideri personali ed egoistici hanno il sopravvento persino sull’istinto di conservazione della specie umana.

Sapere che esiste una donna già vecchia a 13 anni, costretta a sopportare ogni genere di abuso, che attende solo la prima occasione per farla finita e moltiplicare l’esperienza di questa ragazzina per cento, per mille, per diecimila, è la dimostrazione che si sta parlando di un assassinio contro l’umanità. Non si troveranno soluzioni definitive se ci si limiterà a considerare il problema unicamente dalla parte dell’offerta, evitando di intervenire anche nei paesi i cui cittadini beneficiano di questo tipo di “servizi”. La dignità di un bambino povero non vale di meno perché é povero o assume valore quando quella di un bambino ricco viene lesa. Se si vuole sconfiggere concretamente tale abuso non ci si può lasciare andare a stupidi paragoni, ricordanto che chi non ha il minimo di dignità umana sono coloro che non sanno, perché non vogliono, rispettare prima di tutto, la dignità altrui. Essi sono uomini e donne che, sull’altare del loro sadismo, sono disposti a sacrificare la dignità di un piccolo, stigmatizzandolo per sempre. E’ necessario, quindi, che i singoli stati e la comunità internazionale reagiscano.



Un eccidio che si può prevenire



Gli strumenti per impedire ai coccodrilli di avvicinarsi alle loro prede esistono e la società li possiede. Si chiamano Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo adottata dall’ONU nel 1959 e una successiva Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989, nonché la recente legge italiana n. 269 approvata dal Parlamento il 3 Agosto 1998, dal titolo “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzioni in schiavitù”.

Fino ad ora questi strumenti sono stati usati con poca convinzione, permettendo sfacciatamente all’impunità di farsi avanti, alimentando un circolo vizioso dove il più forte riesce sempre e a qualunque costo a vincere; e dove al più debole, per una legge antica ed ingiusta, non rimane altro che gridare. La prostituzione minorile è un processo che tende a disumanizzare, un eccidio che si può prevenire. Questo dipende dalla coscienza di chi ci governa, di chi alimenta il business economico, di chi tiene viva l’industria del divertimento nel mondo. Dipende da noi.

NICOLETTA BRESSAN

Una riflessione sulle possibilità di scelta concesse o negate ai singoli esseri umani in determinati contesti economici, sociali e culturali, vuole essere la chiave di lettura attraverso la quale ripercorrere e interpretare i risultati ai quali chi scrive è pervenuto attraverso una ricerca sociologica realizzata su un campione di 154 minorenni (69 maschi e 85 femmine) che esercitano la prostituzione nel territorio di Puerto Plata, località turistica situata nella costa settentrionale della Repubblica Dominicana. L’analisi dei percorsi di vita dei soggetti intervistati consente infatti di mettere in luce in primo luogo in quale misura il loro coinvolgimento nella prostituzione sia determinato dall’estrema limitatezza (se non addirittura mancanza) di "possibilità di scelta", e, in secondo luogo, in che modo l’esperienza di prostituzione stessa restringa ulteriormente la gamma di opzioni alternative. In altri termini è necessario prendere in considerazione le condizioni di partenza che hanno impedito uno sviluppo umano armonioso dei soggetti considerati (stato di indigenza, scarso accesso ai servizi di base, bassa scolarizzazione, disgregazione familiare ecc.) e, al tempo stesso, gli effetti devastanti sulla loro salute fisica e mentale provocati dalla vita di strada, al fine di individuare strategie di intervento per una loro riabilitazione e reinserimento nella società.



Ma non solo. Adottare la prospettiva delle scelte permette di inserire il complesso fenomeno del prostituzione minorile all’interno della più ampia problematica relativa ai rapporti Nord/Sud del mondo e di interrogarsi criticamente sulle pesanti responsabilità dell’Occidente nel determinare le condizioni di sottosviluppo dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo (responsabilità palesi, del resto, nel caso del turismo sessuale).



Che lo sfruttamento sessuale dei minori costituisca una grave violazione dei diritti umani è chiaramente sancito dalla "Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia", approvata dall’ONU nel 1989, la quale negli articoli 34 e 35 stabilisce che gli Stati firmatari devono adottare ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale al fine di proteggere il minore da ogni forma di violenza e di sfruttamento sessuale (compresa la produzione di materiale pornografico e l’induzione alla prostituzione) e di contrastare il rapimento, la vendita e il traffico di minori a qualsiasi fine (compreso quello sessuale).



In Repubblica Dominicana, dopo la ratifica della Convenzione, è stato promulgato nel 1994 il Código para la protección de niños, niñas y adolescentes, che ha come obiettivo quello di tutelare i minori creando le condizioni affinché possano svilupparsi fisicamente, mentalmente e socialmente in maniera armoniosa. Di fatto, però, una cultura del rispetto dei diritti dell’infanzia stenta ancora a diffondersi, soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, dove sono particolarmente frequenti i casi di abuso sessuale e maltrattamento a danno di bambini e adolescenti. Anche a livello istituzionale si riscontrano tuttora pesanti responsabilità nella mancata applicazione del Código, e gli stessi rappresentanti delle forze dell’ordine si rendono non di rado protagonisti di gravi violazioni dei diritti dei minori.



Per quanto riguarda la prostituzione minorile, che, secondo uno studio del 1992 dell’UNICEF coinvolge circa 25.000 minori in tutto il paese, il governo dominicano ha spesso assunto una posizione ambigua soprattutto nell’ammettere il legame tra tale fenomeno e quello del turismo sessuale. Non va dimenticato, infatti, che il turismo rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia e che gran parte della promozione turistica della Repubblica Dominicana ha fatto leva esplicitamente, così come accaduto per altre località dei Caraibi, sugli stereotipi "dell’esotico" e del "paradiso sessuale".



L’intento del presente articolo vuole essere quello di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi emersi dallo studio sul campo tenendo ben presente che il fenomeno della prostituzione minorile presenta caratteri di estrema complessità e problematicità. Troppo spesso, infatti, come risulta chiaramente dalla letteratura di riferimento, nell’affrontare questo argomento si cede alla tentazione di spiegazioni riduzionistiche che restituiscono una visione banalizzante e slegata dagli specifici contesti socio-economici e culturali. Il primo passo sarà quello di esaminare il problema della povertà e le sue implicazioni, per poi ricostruire sinteticamente i contesti familiari e il rapporto degli intervistati con il sistema scolastico. Infine si ripercorrerà l’esperienza della prostituzione illustrandone brevemente gli scenari tipici e il ruolo del turismo sessuale.



Così come per il concetto di sviluppo umano, anche per quanto riguarda quello di povertà, l’UNDP ribadisce la necessità di un approccio multidimensionale che tenga conto non solo del reddito o del consumo, ma anche della possibilità di vivere un’esistenza lunga, salutare, creativa, libera, dignitosa. In linea generale, le caratteristiche della povertà, oltre ai bassi livelli di reddito, consistono in una serie di tratti riscontrabili empiricamente tra i quali vi sono le maggiori dimensioni dei nuclei familiari, la tendenza a sposarsi precocemente, gli elevati indici di fecondità, la diffusione di famiglie incomplete o ricostituite, il basso livello di istruzione, la precarietà occupazionale, ecc.



Come è noto, nel corso degli anni ’80, ridenominati in modo significativo "decade perduta", si è verificata in tutti i paesi dell’America Latina un’acutizzazione della povertà, per effetto della crisi economica, della forte inflazione, dell’aumento vertiginoso del debito estero e delle relative politiche di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale. In Repubblica Dominicana, la carenza di politiche sociali per controbilanciare quelle di aggiustamento ha determinato un notevole peggioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, tanto che nel 1993, secondo stime governative, il 60% circa delle famiglie dominicane viveva in condizioni di povertà.



Solitamente, la prostituzione è concepita come un problema tipico della povertà e ciò risulterebbe confermato dal fatto che tutti i tratti caratteristici sopra menzionati risultano presenti nelle famiglie di origine degli intervistati. Non c’è dubbio che la mancanza di risorse economiche sia tra i fattori principali che favoriscono l’ingresso nella prostituzione, ma l’analisi non può arrestarsi a questo motivo di fondo, a meno di non voler affermare che tutte le persone che vivono in condizioni di miseria finiranno prima o poi per prostituirsi. E’ necessario infatti approfondire il vissuto dei soggetti coinvolti e mettere in luce quell’insieme di circostanze intra ed extra familiari, di esperienze e di eventi traumatici che, innestati in un contesto di deprivazione, impediscono ogni altra scelta alternativa.



L’analisi dei contesti familiari di provenienza ha permesso di disegnare, in tutta la sua complessità, un quadro di relazioni caratterizzato prevalentemente da processi di disgregazione più o meno traumatici, abbandoni, formazione di nuove unioni, instabilità o assenza delle figure di riferimento e alti livelli di conflittualità. I dati mostrano infatti che al momento della ricerca solo il 27% dei genitori risultava unito e che i processi di separazione sono avvenuti soprattutto nei primi cinque anni di vita dell’intervistato. Ciò indica che la fase di socializzazione primaria è stata segnata, nella maggioranza dei casi, dall’assenza di uno o entrambi i genitori, con conseguente instabilità delle figure di riferimento e discontinuità affettiva. In particolare, l’abbandono da parte della madre, vissuto e rappresentato con drammaticità, sembra aver avuto, secondo le parole degli stessi intervistati, effetti devastanti sullo sviluppo della loro personalità, quali profonda insicurezza emotiva, disorientamento, bassa autostima e senso di vuoto.



Va comunque precisato che nella maggioranza dei casi le famiglie di provenienza degli intervistati non erano fondate su un matrimonio formalmente riconosciuto. Alcuni studi sulla famiglia dominicana mettono in evidenza che, a causa dei processi di secolarizzazione in corso e della mancanza di forti sanzioni sociali nei confronti della convivenza, il tipo di unione predominante nel paese non è il matrimonio, civile e/o religioso, ma l’unione di fatto. Ciò spiega in parte la diffusione del fenomeno delle separazioni e l’alta percentuale (27% dato nazionale) di familias matrifocales, guidate cioè da una donna, soprattutto fra gli strati più poveri della popolazione, dove è forte l’influenza di una cultura tradizionale estremamente sessista (machismo) 7.



Lo studio del clima familiare ha aggiunto un’ulteriore informazione di fondamentale importanza per comprendere il complesso di relazioni affettive in cui sono cresciuti i soggetti intervistati. Soprattutto nel caso delle ragazze, i numerosi riferimenti all’ambiente familiare hanno permesso di ricostruire uno scenario costituito da frequenti episodi di maltrattamento fisico e psicologico (vi sono anche tre casi di abuso sessuale perpetrato da familiari), da forti tensioni, da alcoolismo e mancanza di comunicazione, mentre nel caso dei ragazzi il clima familiare si caratterizza per un minore livello di conflittualità. Per ciò che concerne, inoltre, le relazioni con i genitori, si rileva che mentre la madre resta comunque un punto di riferimento più stabile, il padre risulta essere una figura abbastanza assente nell’universo affettivo degli intervistati, e viene spesso descritta mettendone in evidenza il carattere severo e violento, l’incapacità di comunicare e la frequenza delle relazioni extraconiugali.



L’espulsione precoce dal sistema educativo (il 92% del campione ha lasciato definitivamente la scuola) e i bassi livelli di scolarizzazione raggiunti (il 58% delle ragazze, contro il 36% dei maschi, non ha completato nemmeno la scuola elementare) costituiscono altri due tratti distintivi del vissuto dei minori intervistati. Per ciò che riguarda le ragazze, i principali motivi di abbandono della scuola risultano essere i problemi in famiglia (32%) e l’unione e/o l’arrivo di un figlio (29%), mentre per i ragazzi emerge tra tutti l’esigenza di lavorare per apportare un aiuto economico alla famiglia (48%), e, secondariamente, il disinteresse per lo studio (17%).



E’ necessario fare in proposito due considerazioni generali. La prima riguarda la diffusione delle unioni precoci in Repubblica Dominicana. In base a quanto rilevato da recenti studi governativi, le donne giungono al matrimonio o all’unione prima degli uomini, ad un’età media di 19 anni, e tale tendenza è inversamente proporzionale al livello di istruzione raggiunto. Tra gli strati più emarginati della popolazione l’età media si abbassa ulteriormente, con il risultato di unioni spesso instabili e di breve durata. Nel campione intervistato il 73% delle ragazze ha già avuto un’esperienza di convivenza non andata a buon fine (oltre all’incomprensione, le ragazze indicano tra i motivi di separazione i frequenti maltrattamenti fisici, l’alcoolismo, i tradimenti e l’induzione alla prostituzione) e il 30% circa è già madre di almeno un figlio.



La seconda considerazione riguarda invece la diffusione del lavoro minorile. Innanzitutto va precisato che il lavoro minorile non è solo una conseguenza della povertà, ma ne è anche causa: nel momento in cui il minore, pressato dalle necessità economiche, abbandona la scuola per svolgere un qualche tipo di attività produttiva (spesso in condizioni di precarietà, sfruttamento, bassa qualifica e scarsa remunerazione), si preclude definitivamente la possibilità di raggiungere la preparazione culturale o professionale per accedere ad un impiego migliore (circolo vizioso della povertà). In secondo luogo bisogna tenere presente che il lavoro minorile è fortemente valorizzato nella società dominicana poiché sancisce il passaggio dalla fase adolescenziale alla "vita adulta", e che le culture latino-americane sono fortemente promotrici del lavoro minorile poiché ritengono possa essere una strategia di prevenzione della devianza giovanile.



Prima di dar conto dell’esperienza di prostituzione è opportuno tratteggiare ora gli scenari tipici della vita di strada in Repubblica Dominicana. Sintetizzando, si può distinguere tra una modalità di prostituzione "formale" (o "tradizionale"), gestita da terze persone e praticata in locali e postriboli di vario tipo (casas de cita, centros cerveceros, cabaret, bares, cafeterías, night-clubs, ecc.) e una "informale", diffusa principalmente nelle strade, nelle spiagge, nei grandi complessi alberghieri e in tutti i luoghi frequentati da turisti. Mentre il primo tipo riguarda esclusivamente le donne e una minoranza di ragazzi omosessuali, la modalità di prostituzione "informale" vede coinvolti giovani di entrambi i sessi. Paradossalmente, nonostante il locale costituisca un luogo di sfruttamento e violenza, la presenza dei gestori riesce a garantire alle ragazze un certo grado di protezione e controllo, mentre in strada i rischi e la pericolosità risultano di gran lunga maggiori, essendo i ragazzi esposti ad abusi ed aggressioni non solo da parte di clienti e criminali, ma anche della polizia. Quest’ultima infatti, lungi dal porsi in un ottica di sostegno o di tutela del minore, adotta un comportamento duramente repressivo nei confronti dei ragazzi di strada, che sono sistematicamente oggetto di arresto arbitrario, e che non di rado vengono derubati, picchiati e insultati dagli stessi poliziotti.



Il primo elemento emerso con forza dalle testimonianze raccolte è una differenziazione in base al genere, che caratterizza in maniera netta e profonda non solo l’esperienza di prostituzione in sé, ma anche l’immagine di se stessi e il modo di rappresentarsi. Nella cultura dominicana la prostituzione è considerata socialmente un’attività di esclusiva competenza femminile, e ciò spiega le molte resistenze ed ambiguità nel definire quella maschile. L’esperienza sul campo ha mostrato infatti che quest’ultima non si articola secondo moduli facilmente riconoscibili e risulta assai difficile ricostruire un "percorso tipico" di ingresso, in quanto gli stessi attori coinvolti sembrano talvolta non avere una percezione chiara del proprio ruolo e dei rischi in cui incorrono.



In linea generale, la figura maschile corrispondente alla prostituta è quella del sanky-panky, ossia di colui che intrattiene rapporti sessuali con turisti (uomini e/o donne) al fine di trarne benefici economici. Considerando il forte disprezzo e la discriminazione della cultura machista nei confronti dell’omosessualità, si comprende perché i soggetti intervistati abbiano ammesso con difficoltà e reticenza di avere relazioni sessuali anche con uomini stranieri: la maggior parte di essi, infatti, tendeva a rappresentarsi piuttosto come un "conquistatore" di donne, ricalcando lo stereotipo del macho latino, negando perfino di ricevere un corrispettivo in cambio delle proprie prestazioni sessuali. Inoltre la parola sanky si carica di una forte connotazione negativa, poiché ad essa vengono associati tutta una serie di comportamenti considerati devianti (furto, uso di droga, bisessualità, ecc.). Per tali ragioni la maggioranza degli intervistati tendeva a prendere le distanze da questo modello pur adottando di fatto simili comportamenti. Tutti i sanky intervistati, di età compresa tra i 16 e i 20 anni, svolgevano un qualche tipo di attività lavorativa nell’ambito del settore turistico (animatori degli hotel, bagnini, personale alberghiero, venditori, ecc.) e, nonostante i bassi livelli di scolarizzazione, non di rado parlavano più di una lingua straniera.



Il fatto che i sanky pratichino la prostituzione saltuariamente all’interno del loro ambiente lavorativo e spesso, a differenza delle ragazze, senza un’esplicita richiesta di denaro, costituisce forse l’aspetto più pericoloso e ambiguo della prostituzione maschile, poiché rende particolarmente difficile approntare programmi di intervento.



Va sottolineato, tuttavia, che la prostituzione viene praticata più o meno occasionalmente anche da molti niños y adolescentes de la calle, ossia da quei minori che, avendo rotto i legami familiari, vivono in strada in condizioni di particolare pericolosità, guadagnandosi da vivere attraverso una serie di attività più o meno legali (accattonaggio, lavoretti precari, furto, ecc.). Nel corso della ricerca, è stata rilevata la presenza di un gruppo di ragazzini lustrascarpe (limpiabotas), di età compresa tra i 10 e i 15 anni, dediti alla prostituzione con turisti stranieri.



Nel caso delle ragazze, la chiara percezione di sé e la conseguente autorappresentazione in termini di "prostitute", hanno consentito di tracciare un percorso tipico che pur tra molteplici varianti e sfumature descrive efficacemente i motivi e le circostanze di inizio. L’ingresso nella prostituzione è strettamente legato alla definitiva espulsione dal nucleo familiare. In genere si tratta, come già analizzato precedentemente, di una fuga da una situazione altamente conflittuale, spesso caratterizzata da maltrattamenti e violenze, che spinge a un’unione precoce in condizioni di immaturità e impreparazione. La successiva separazione in circostanze più o meno traumatiche e l’eventuale presenza di figli da mantenere senza il sostegno del compagno, aumenta lo stato di angoscia e disperazione e rende facilmente vulnerabili di fronte alla prospettiva di un "guadagno facile". In questo momento di difficoltà gioca un ruolo chiave l’incontro con una "amica" (in genere un’intermediaria) la quale, facendo leva sulle necessità economiche della ragazza e sulla sua ingenuità, la conduce in un locale (talvolta dietro compenso da parte dei gestori) e la inizia alla vita di strada.



Una volta entrata a far parte della realtà della prostituzione, con i suoi stili di vita e le sue norme, si inizia un processo di progressivo isolamento e di rottura delle relazioni interpersonali precedentemente stabilite. La mancanza di fiducia negli altri e la durezza delle esperienze vissute quotidianamente spingono all’adozione di comportamenti aggressivi e individualisti, che hanno l’effetto di aumentare ulteriormente le distanze con le altre coetanee "non coinvolte". Quanto più la ragazza va cambiando l’immagine di sé, tanto più tende ad autoemarginarsi dal "mondo rispettabile" e a percepire il rifiuto e la stigmatizzazione sociale. Inoltre, la bassa autostima riduce notevolmente la capacità di influire sul corso della propria vita, tanto che, in bilico tra fatalismo e rassegnazione, le possibilità di cambiamento vengono così affidate a fattori esterni (la speranza di incontrare tra i clienti un "uomo buono", uno straniero, o il verificarsi di un evento miracoloso).



Un’ultima riflessione riguarda il turismo sessuale. Le testimonianze raccolte mostrano in maniera inequivocabile lo stretto legame esistente tra tale fenomeno e la prostituzione minorile, in particolar modo nel caso dei ragazzi sanky la cui clientela è costituita esclusivamente da turisti. Dalle parole dei soggetti intervistati il rapporto con il turista sessuale emerge in tutta la sua problematicità, sia nel suo aspetto di sfruttamento e violenza, sia in quello più sottile e sfuggente di dipendenza. Lo straniero rappresenta spesso ai loro occhi l’unica possibilità di uscire dalla condizione di miseria, di lasciare la prostituzione e di viaggiare fuori del paese. In questo senso la relazione di subordinazione che viene a crearsi sembra riprodurre su piccola scala quella che vincola il Sud al Nord del mondo.



Alcuni studi presentati in occasione del "Primo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Minori" (Stoccolma, agosto 1996) hanno tentato di mettere a fuoco le possibili motivazioni di natura psicologica, sociale e culturale che favoriscono il turismo sessuale. In particolare si è fatto riferimento alla posizione di superiorità economica, alla sensazione di libertà dai vincoli sociali, alla mancanza di conoscenza della lingua e della cultura del paese ospitante, che rafforza pregiudizi e false convinzioni (come ad esempio quella secondo cui la popolazione locale ha meno tabù sessuali), a frustrazioni e insicurezze personali, al bisogno di "evasione", all’emancipazione della donna in occidente, ecc. Se da un punto di vista legislativo, notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni in molti paesi occidentali attraverso l’introduzione del principio dell’extraterritorialità, che stabilisce la perseguibilità in patria di un cittadino che abbia commesso abuso su minori in un paese straniero, molto ancora resta da fare sul fronte della sensibilizzazione. Combattere il turismo sessuale significa in questa prospettiva lavorare intensamente sul piano della conscientizzazione dell’opinione pubblica del Nord del mondo, attraverso una seria critica agli stereotipi e atteggiamenti etnocentrici, educando al rispetto delle culture "altre" e promuovendo una reale conoscenza dei paesi del Terzo Mondo e della questione del sottosviluppo.



Concludendo, in questa breve presentazione del problema della prostituzione minorile a partire da un caso concreto, si è tentato di illustrare come le possibilità di scelta dei minori coinvolti, già pesantemente limitate al momento della nascita, si siano andate ancor più riducendo, fino ad annullarsi, con l’ingresso nel mondo della prostituzione. Una strategia concreta che miri all’ampliamento di tali possibilità di scelta, deve, a parere di chi scrive, da un lato intervenire sul minore stesso offrendogli assistenza e sostegno psicologico nonché occasioni di formazione professionale e culturale, dall’altro, coinvolgere l’intero contesto in cui è inserito (famiglia, scuola, forze di polizia, ma anche, paradossalmente, intermediari e gestori dei locali che svolgono un ruolo chiave nel mondo della prostituzione) per consentire quel processo di ricostruzione di un’immagine positiva di sé e di reintegrazione nel tessuto sociale.



Si auspica, infine, un maggiore impegno da parte della ricerca sociale nell’affrontare i problemi dell’emarginazione e del sottosviluppo, attraverso studi sul campo che siano di aiuto nell’identificare adeguati strumenti di intervento e nel portare alla luce il mondo sommerso di coloro che non hanno occasioni per far sentire la propria voce. In tal senso, la ricerca condotta in Repubblica Dominicana ha voluto dare un piccolo contributo alla conoscenza del fenomeno a partire dagli stessi attori coinvolti, nel pieno rispetto della loro dignità.

Le organizzazioni pedofile: per giustificare, perpretare e difendere



I pedofili hanno dato vita a delle vere e proprie organizzazioni che testimoniano come entrare nel mondo della pedofilia sia come entrare in una società segreta. Ci si riconosce, infatti, solo mediante l’uso di codici particolari; e l’ingresso nella confraternita è amministrato da regole molto rigide. I nomi di alcune di esse sono: Rene Guyon Society, North American Man/Boy Love Association, Paedophile Information Exchange. Sono strutture create apposta per proteggere i loro membri: hanno sede in Europa, America del Nord e Australia ed incoraggiano attivamente i loro membri ad abusare dei bambini in Asia, Africa, America del Sud e pure in Europa dell’Est, piuttosto che nei loro rispettivi paesi, per il fatto che in quelle zone le pene sono meno severe.

A difesa delle loro attività, queste società si fanno scudo con giustificazioni mistificanti come la predisposizione culturale ad un comportamento sessuale libero, da parte dei paesi asiatici, latino-americani ed ex-sovietici. Oppure, il riscatto dalla povertà offerto alle giovani vittime grazie al denaro con cui i clienti pagano i bambini. I servizi più costosi che esse offrono consistono nel procurare ai soci video pornografici con attori i piccoli, scambi di foto, nonché un kit di sopravvivenza. Il più noto è l’Escape Manual che contiene un passaporto falso, nuovi documenti personali e consiglia di tenere il denaro in un luogo sicuro, pronto per l’evenienza di una rapida fuga, di affittare la casa per gli incontri invece di comperarla e di tenere il materiale pornografico in una cassetta di sicurezza privata.



Il sistema di protezione



La prima e più evidente funzione di tali strutture è quella di fornire una rete di informazioni che permetta ai pedofili di sopravvivere e di eludere la legge pur continuando a praticare, indisturbati, lo sfruttamento sessuale dei piccoli. Essi, infatti, sono fortemente osteggiati nei loro paesi, quindi l’unico modo che hanno per operare è quello di riunirsi in gruppi clandestini e di ottenere il sostegno della polizia e di individui influenti dell’ambiente giudiziario.

Molto frequentemente, le pubblicazioni a cui i pedofili hanno dato vita, come Swing e Lolita, insieme alle riviste clandestine, avvisano i lettori delle imminenti operazioni della polizia, il cui obiettivo è quello di scoprire i trafficanti di bambini e requisire materiale pornografico. Per ottenere questo genere di informazioni, le associazioni hanno costituito delle unità che permettono ai soci di essere sempre a conoscenza delle iniziative intraprese contro di loro, grazie a soffiate che ricevono sulle retate e sulle perquisizioni in programma. Infine, forniscono indirizzi di case sicure per gli eventuali contatti, nonché garantiscono l’assistenza legale di avvocati compiacenti in caso di necessità.



Donne pedofile: un fenomeno in crescita



La prostituzione minorile non si presenta, comunque, solo sotto l’aspetto della pedofilia maschile. Altri volti le sono propri. E’ in forte crescita, infatti, il fenomeno della pedofilia femminile, alimentato da donne che provano un forte impulso nel ricercare rapporti sessuali con bambini piccoli come i maschi, grazie ai quali riuscirebbero a soddisfare ad un tempo lo spirito materno e le esigenze sessuali femminili. E poiché la ricerca di un rapporto sessuale con un ragazzo preadolescente è fisicamente difficile, le donne pedolie, provenienti per la maggior parte dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti e solite viaggiare in coppia, utilizzano ormoni o droghe che iniettano nei testicoli di bimbi di 6-7 anni per permettere che l’unione sessuale avvenga con il pieno soddisfacimento. Si sa ben poco sull’uso sempre più diffuso di tali sostanze. Sicuramente esse producono effetti collaterali sgradevoli per il minore, tantochè un trattamento ormonale del genere, causando un abnorme ingrossamento del pene, è una forte minaccia per la vita di un bambino.





Fra patologia e puro divertimento



Se il comportamento pedofilo è caratterizzato da aspetti di natura piscologica e psichiatrica, al contrario, l’abitudine di chi abusa sessualmente di un minore durante una vacanza esotica, non ha alcuna caratteristica patologia, ma unicamente di divertimento occasionale. Il turista sessuale è colui che cerca l’evasione dalla rigidità della sua vita troppo ben organizzata, immersa nei modelli di una società che attribuisce un’importanza eccessiva al sesso, inserendolo in una logica di potere.

La maggior parte di essi conduce un’esistenza normale nei propri paesi, ma sulle spiagge della Thailandia o di Cuba, si rilassa nei costumi locali dimenticando le norme morali della comunità cui appartiene. In nome di un piacere capace di vincere la noia, i turisti sono disposti a perseguire il desiderio egoista di potere, di dominio, con la scusa di provare compassione per il bambino povero oggetto del loro abuso. I turisti si comportano a Bangkok, Manila, a Bucarest o a Mosca come non si sognerebbero mai di fare a casa loro. Anche se essi, nei loro paesi d’origine, percepiscono un misero stipendio e svolgono un lavoro noioso e umile, appena arrivano in un paese asiatico o latino-americano assumono l’aria dei padroni.



Le multinazionali favoriscono



Per gli uomini d’affari, addirittura, il sesso è compreso nelle spese della multinazionale: vi sono manager provenienti da Hong Kong, Taiwan o Singapore disposti a pagare anche dai 300 ai 500 dollari per appartarsi con prostitute adolescenti. La serie di alberghi, di bar e di locali, sorti sull’ondata di pubblicità che la prostituzione infantile ha portato nei paesi economicamente poveri, sono in grado di fornire ai clienti stranieri tutto ciò che essi desiderano: giovani prostituti, di qualsiasi età, il cui comportamento, provocante e lagnoso, non si distingue da quello di una prostituta professionista.

Lungo le vie delle più famose città asiatiche è usuale vedere agli angoli delle strade nugoli di bambini che, aspettando l’alba e sniffando colla, vengono avvicinati da alcuni clienti occidentali che li abbordano e contrattano il prezzo. Da Bucarest a Recife i piccoli dicono di odiare i clienti, ma si vendono perché costretti dalla loro immensa povertà. I fanciulli diventano così una delle tante merci sul mercato, offerti dai mediatori in ogni istante davanti ai bordelli e sfruttati dai gestori dei locali, che non temono nulla: sanno che la loro attività gode la protezione sia delle autorità locali, della polizia che della malavita organizzata. Una lunga catena di complicità giustifica ed incoraggia la prostituzione infantile e, con essa, gli aberranti crimini che vengono commessi.



I bimbi nel giro dlla chicken porn



La pornografia è l’altro volto della prostituzione minorile, quello che l’aiuta a diffondersi velocemente e che ne crea un business colossale. L’attività dei pornografi consiste nel girare le scene erotiche dei film hard utilizzando bambini come attori, indipendentemente dalla loro nazionalità. Sono, quindi, pubblicitari particolari che producono pornografia con le immagini di piccoli indifesi reclutati con lusinghe o con la violenza. Per la maggior parte, sono pedofili e pederasti, ma non è esclusa l’ipotesi che un pornografo sia anche un comune turista. Per ciascuno di loro il materiale pornografico diventa, un utile ed indispensabile mezzo, per congelare sia il bambino all’età preferita che l’oggetto dell’abuso. Sono disposti a pagare qualcosa in più, pur di poter filmare le loro performance. Sanno perfettamente che i video che riescono a registrare è merce che circolerà senza troppi fastidi in ogni singolo paese.

La pornografia infantile o, come spesso è chiamata nel giro la kiddie o chicken porn, ha potuto diffondersi in modo clandestino ma massiccio in questi anni, soprattutto, per la scarsa attenzione al fenomeno dimostrata dalla società nel suo insieme. Lo sviluppo del mercato di videocamere, infatti, ha dotato i pedofili e i turisti di una nuova ed importante fonte di guadagno e di morboso interesse. Il grande vantaggio, infatti, della videocamera è la riservatezza che offre senza il bisogno di ricorrere ai laboratori fotografici. E l’introduzione delle videocamere sul mercato dagli inizi degli anni ’80, ha provocato un esplosivo aumento nella realizzazione, nello scambio e nella vendita di cassette di pornografia infantile.



Milioni le copie di video vendute nel mondo



Le stime ufficiali parlano di 250 milioni di copie di video venduti in tutto il mondo, di cui 20 milioni solo in America. Tutt’oggi, la produzione commerciale e la distribuzione di materiale pornografico infantile avviene senza nessun intervento legale negli Stati Uniti, in Danimarca, in Svezia e in Olanda. Negli Usa le stime parlano di circa 600.000 bambini coinvolti nel mercato della pornografia. In particolare, i film pornografici più ricercati sono quelli in cui il minore viene violentato, torturato ed ucciso.

In questi casi, il prezzo di una cassetta può aggirarsi attorno agli 80 milioni. Il nome di questi film, a Manila, è snuff e terminano, appunto, con la morte del minore usato come attore. Il fatto sconvolgente è che non si tratta di una finzione, ma di una morte vera. Lo sfruttamento sessuale di minori è un problema che sta investendo la nostra società e, quelle a noi distanti, più velocemente di quanto la consapevolezza umana ne possa aver coscienza. E’ sempre di più una piaga che caratterizza non solo i paesi poveri, quelli che la gente ricca è abituata a chiamare “gli stati del Terzo Mondo”.



Un fenomeno che non conosce limiti



Quando si parla di prostituzione a danno di minore, infatti, non si deve solo ed unicamente pensare all’Asia, al Brasile, all’Africa. E’ un dramma che si è aperto un varco anche nei paesi europei e americani, insediandosi come un virus letale. Non è più, oggi, solo un fenomeno che interessa spiagge lontane, mete distanti da noi tutti chilometri e chilometri. No, è un problema vicinissimo, che l’orgoglio comune ci fa respingere con ostinazione. Eppure i “coccodrilli” e le “prede” sono diventati i protagonisti di un gioco perverso che non sono più gli altri solamente a vivere, ma di cui noi stessi ci ritroviamo ad essere gli ignari protagonisti. La prostituzione piano piano, con passo felpato, attenta a non destare sospetto con rumore alcuno, si è insediata nelle nostre città, fra le nostre vie, dentro le nostre case, nelle menti di coloro che non diremmo mai essere pedofili o turisti amanti del sesso, a tal punto, di arrivare ad usare una giovane vita.

E’ uno sterminio che non accenna a placarsi e, pur di soddisfare le voglie di manager intraprendenti, di amabili insegnanti, di sacerdoti fedeli ad una fede di altra natura, miete vittime innocenti. Vittime illuse, catturate, trasportate come animali attraverso le rotte che il crimine gestisce, fino a raggiungere la meta: i nostri paesi, fra le braccia dei nostri uomini o le carezze delle nostre donne.



I nostri figli a rischio



Vittime che possono essere i nostri figli che tendono fiduciosi le braccia al padre, i nostri nipoti che non dubiterebbero mai di un loro parente; i nostri piccoli che sorridono ignari al coccodrillo che sta loro di fronte come sorridono gioiosamente alla vita che è in loro. Il piacere del sesso a danno di un minore è, oggi, anche la nostra vergogna: non più perché, con l’indifferenza, abbiamo permesso che l’orrore si diffondesse altrove per anni, ma soprattutto, perché ora l’orrore lo viviamo in prima persona.

La prostituzione infantile è sicuramente una questione nazionale ed internazionale. La società non può più tollerare che migliaia di bambini al di sotto dei 18 anni, più spesso dei 15, siano costretti allo sfruttamento sessuale per soddisfare la domanda di disinvolti stranieri. Quando un bambino diventa un bene di consumo come un altro, che si può acquistare, usare e buttare via, è la vita stessa a perdere di significato e a diventare un oggetto a cui si può dare un prezzo. In questo contesto, la prostituzione infantile rappresenta la perdita totale dei valori umani, la distruzione stessa del nostro futuro come specie. Un atto di profanazione estrema. E’ come dichiarare che i desideri personali ed egoistici hanno il sopravvento persino sull’istinto di conservazione della specie umana.

Sapere che esiste una donna già vecchia a 13 anni, costretta a sopportare ogni genere di abuso, che attende solo la prima occasione per farla finita e moltiplicare l’esperienza di questa ragazzina per cento, per mille, per diecimila, è la dimostrazione che si sta parlando di un assassinio contro l’umanità. Non si troveranno soluzioni definitive se ci si limiterà a considerare il problema unicamente dalla parte dell’offerta, evitando di intervenire anche nei paesi i cui cittadini beneficiano di questo tipo di “servizi”. La dignità di un bambino povero non vale di meno perché é povero o assume valore quando quella di un bambino ricco viene lesa. Se si vuole sconfiggere concretamente tale abuso non ci si può lasciare andare a stupidi paragoni, ricordanto che chi non ha il minimo di dignità umana sono coloro che non sanno, perché non vogliono, rispettare prima di tutto, la dignità altrui. Essi sono uomini e donne che, sull’altare del loro sadismo, sono disposti a sacrificare la dignità di un piccolo, stigmatizzandolo per sempre. E’ necessario, quindi, che i singoli stati e la comunità internazionale reagiscano.



Un eccidio che si può prevenire



Gli strumenti per impedire ai coccodrilli di avvicinarsi alle loro prede esistono e la società li possiede. Si chiamano Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo adottata dall’ONU nel 1959 e una successiva Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989, nonché la recente legge italiana n. 269 approvata dal Parlamento il 3 Agosto 1998, dal titolo “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzioni in schiavitù”.

Fino ad ora questi strumenti sono stati usati con poca convinzione, permettendo sfacciatamente all’impunità di farsi avanti, alimentando un circolo vizioso dove il più forte riesce sempre e a qualunque costo a vincere; e dove al più debole, per una legge antica ed ingiusta, non rimane altro che gridare. La prostituzione minorile è un processo che tende a disumanizzare, un eccidio che si può prevenire. Questo dipende dalla coscienza di chi ci governa, di chi alimenta il business economico, di chi tiene viva l’industria del divertimento nel mondo. Dipende da noi.

NICOLETTA BRESSAN

Una riflessione sulle possibilità di scelta concesse o negate ai singoli esseri umani in determinati contesti economici, sociali e culturali, vuole essere la chiave di lettura attraverso la quale ripercorrere e interpretare i risultati ai quali chi scrive è pervenuto attraverso una ricerca sociologica realizzata su un campione di 154 minorenni (69 maschi e 85 femmine) che esercitano la prostituzione nel territorio di Puerto Plata, località turistica situata nella costa settentrionale della Repubblica Dominicana. L’analisi dei percorsi di vita dei soggetti intervistati consente infatti di mettere in luce in primo luogo in quale misura il loro coinvolgimento nella prostituzione sia determinato dall’estrema limitatezza (se non addirittura mancanza) di "possibilità di scelta", e, in secondo luogo, in che modo l’esperienza di prostituzione stessa restringa ulteriormente la gamma di opzioni alternative. In altri termini è necessario prendere in considerazione le condizioni di partenza che hanno impedito uno sviluppo umano armonioso dei soggetti considerati (stato di indigenza, scarso accesso ai servizi di base, bassa scolarizzazione, disgregazione familiare ecc.) e, al tempo stesso, gli effetti devastanti sulla loro salute fisica e mentale provocati dalla vita di strada, al fine di individuare strategie di intervento per una loro riabilitazione e reinserimento nella società.



Ma non solo. Adottare la prospettiva delle scelte permette di inserire il complesso fenomeno del prostituzione minorile all’interno della più ampia problematica relativa ai rapporti Nord/Sud del mondo e di interrogarsi criticamente sulle pesanti responsabilità dell’Occidente nel determinare le condizioni di sottosviluppo dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo (responsabilità palesi, del resto, nel caso del turismo sessuale).



Che lo sfruttamento sessuale dei minori costituisca una grave violazione dei diritti umani è chiaramente sancito dalla "Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia", approvata dall’ONU nel 1989, la quale negli articoli 34 e 35 stabilisce che gli Stati firmatari devono adottare ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale al fine di proteggere il minore da ogni forma di violenza e di sfruttamento sessuale (compresa la produzione di materiale pornografico e l’induzione alla prostituzione) e di contrastare il rapimento, la vendita e il traffico di minori a qualsiasi fine (compreso quello sessuale).



In Repubblica Dominicana, dopo la ratifica della Convenzione, è stato promulgato nel 1994 il Código para la protección de niños, niñas y adolescentes, che ha come obiettivo quello di tutelare i minori creando le condizioni affinché possano svilupparsi fisicamente, mentalmente e socialmente in maniera armoniosa. Di fatto, però, una cultura del rispetto dei diritti dell’infanzia stenta ancora a diffondersi, soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, dove sono particolarmente frequenti i casi di abuso sessuale e maltrattamento a danno di bambini e adolescenti. Anche a livello istituzionale si riscontrano tuttora pesanti responsabilità nella mancata applicazione del Código, e gli stessi rappresentanti delle forze dell’ordine si rendono non di rado protagonisti di gravi violazioni dei diritti dei minori.



Per quanto riguarda la prostituzione minorile, che, secondo uno studio del 1992 dell’UNICEF coinvolge circa 25.000 minori in tutto il paese, il governo dominicano ha spesso assunto una posizione ambigua soprattutto nell’ammettere il legame tra tale fenomeno e quello del turismo sessuale. Non va dimenticato, infatti, che il turismo rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia e che gran parte della promozione turistica della Repubblica Dominicana ha fatto leva esplicitamente, così come accaduto per altre località dei Caraibi, sugli stereotipi "dell’esotico" e del "paradiso sessuale".



L’intento del presente articolo vuole essere quello di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi emersi dallo studio sul campo tenendo ben presente che il fenomeno della prostituzione minorile presenta caratteri di estrema complessità e problematicità. Troppo spesso, infatti, come risulta chiaramente dalla letteratura di riferimento, nell’affrontare questo argomento si cede alla tentazione di spiegazioni riduzionistiche che restituiscono una visione banalizzante e slegata dagli specifici contesti socio-economici e culturali. Il primo passo sarà quello di esaminare il problema della povertà e le sue implicazioni, per poi ricostruire sinteticamente i contesti familiari e il rapporto degli intervistati con il sistema scolastico. Infine si ripercorrerà l’esperienza della prostituzione illustrandone brevemente gli scenari tipici e il ruolo del turismo sessuale.



Così come per il concetto di sviluppo umano, anche per quanto riguarda quello di povertà, l’UNDP ribadisce la necessità di un approccio multidimensionale che tenga conto non solo del reddito o del consumo, ma anche della possibilità di vivere un’esistenza lunga, salutare, creativa, libera, dignitosa. In linea generale, le caratteristiche della povertà, oltre ai bassi livelli di reddito, consistono in una serie di tratti riscontrabili empiricamente tra i quali vi sono le maggiori dimensioni dei nuclei familiari, la tendenza a sposarsi precocemente, gli elevati indici di fecondità, la diffusione di famiglie incomplete o ricostituite, il basso livello di istruzione, la precarietà occupazionale, ecc.



Come è noto, nel corso degli anni ’80, ridenominati in modo significativo "decade perduta", si è verificata in tutti i paesi dell’America Latina un’acutizzazione della povertà, per effetto della crisi economica, della forte inflazione, dell’aumento vertiginoso del debito estero e delle relative politiche di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale. In Repubblica Dominicana, la carenza di politiche sociali per controbilanciare quelle di aggiustamento ha determinato un notevole peggioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, tanto che nel 1993, secondo stime governative, il 60% circa delle famiglie dominicane viveva in condizioni di povertà.



Solitamente, la prostituzione è concepita come un problema tipico della povertà e ciò risulterebbe confermato dal fatto che tutti i tratti caratteristici sopra menzionati risultano presenti nelle famiglie di origine degli intervistati. Non c’è dubbio che la mancanza di risorse economiche sia tra i fattori principali che favoriscono l’ingresso nella prostituzione, ma l’analisi non può arrestarsi a questo motivo di fondo, a meno di non voler affermare che tutte le persone che vivono in condizioni di miseria finiranno prima o poi per prostituirsi. E’ necessario infatti approfondire il vissuto dei soggetti coinvolti e mettere in luce quell’insieme di circostanze intra ed extra familiari, di esperienze e di eventi traumatici che, innestati in un contesto di deprivazione, impediscono ogni altra scelta alternativa.



L’analisi dei contesti familiari di provenienza ha permesso di disegnare, in tutta la sua complessità, un quadro di relazioni caratterizzato prevalentemente da processi di disgregazione più o meno traumatici, abbandoni, formazione di nuove unioni, instabilità o assenza delle figure di riferimento e alti livelli di conflittualità. I dati mostrano infatti che al momento della ricerca solo il 27% dei genitori risultava unito e che i processi di separazione sono avvenuti soprattutto nei primi cinque anni di vita dell’intervistato. Ciò indica che la fase di socializzazione primaria è stata segnata, nella maggioranza dei casi, dall’assenza di uno o entrambi i genitori, con conseguente instabilità delle figure di riferimento e discontinuità affettiva. In particolare, l’abbandono da parte della madre, vissuto e rappresentato con drammaticità, sembra aver avuto, secondo le parole degli stessi intervistati, effetti devastanti sullo sviluppo della loro personalità, quali profonda insicurezza emotiva, disorientamento, bassa autostima e senso di vuoto.



Va comunque precisato che nella maggioranza dei casi le famiglie di provenienza degli intervistati non erano fondate su un matrimonio formalmente riconosciuto. Alcuni studi sulla famiglia dominicana mettono in evidenza che, a causa dei processi di secolarizzazione in corso e della mancanza di forti sanzioni sociali nei confronti della convivenza, il tipo di unione predominante nel paese non è il matrimonio, civile e/o religioso, ma l’unione di fatto. Ciò spiega in parte la diffusione del fenomeno delle separazioni e l’alta percentuale (27% dato nazionale) di familias matrifocales, guidate cioè da una donna, soprattutto fra gli strati più poveri della popolazione, dove è forte l’influenza di una cultura tradizionale estremamente sessista (machismo) 7.



Lo studio del clima familiare ha aggiunto un’ulteriore informazione di fondamentale importanza per comprendere il complesso di relazioni affettive in cui sono cresciuti i soggetti intervistati. Soprattutto nel caso delle ragazze, i numerosi riferimenti all’ambiente familiare hanno permesso di ricostruire uno scenario costituito da frequenti episodi di maltrattamento fisico e psicologico (vi sono anche tre casi di abuso sessuale perpetrato da familiari), da forti tensioni, da alcoolismo e mancanza di comunicazione, mentre nel caso dei ragazzi il clima familiare si caratterizza per un minore livello di conflittualità. Per ciò che concerne, inoltre, le relazioni con i genitori, si rileva che mentre la madre resta comunque un punto di riferimento più stabile, il padre risulta essere una figura abbastanza assente nell’universo affettivo degli intervistati, e viene spesso descritta mettendone in evidenza il carattere severo e violento, l’incapacità di comunicare e la frequenza delle relazioni extraconiugali.



L’espulsione precoce dal sistema educativo (il 92% del campione ha lasciato definitivamente la scuola) e i bassi livelli di scolarizzazione raggiunti (il 58% delle ragazze, contro il 36% dei maschi, non ha completato nemmeno la scuola elementare) costituiscono altri due tratti distintivi del vissuto dei minori intervistati. Per ciò che riguarda le ragazze, i principali motivi di abbandono della scuola risultano essere i problemi in famiglia (32%) e l’unione e/o l’arrivo di un figlio (29%), mentre per i ragazzi emerge tra tutti l’esigenza di lavorare per apportare un aiuto economico alla famiglia (48%), e, secondariamente, il disinteresse per lo studio (17%).



E’ necessario fare in proposito due considerazioni generali. La prima riguarda la diffusione delle unioni precoci in Repubblica Dominicana. In base a quanto rilevato da recenti studi governativi, le donne giungono al matrimonio o all’unione prima degli uomini, ad un’età media di 19 anni, e tale tendenza è inversamente proporzionale al livello di istruzione raggiunto. Tra gli strati più emarginati della popolazione l’età media si abbassa ulteriormente, con il risultato di unioni spesso instabili e di breve durata. Nel campione intervistato il 73% delle ragazze ha già avuto un’esperienza di convivenza non andata a buon fine (oltre all’incomprensione, le ragazze indicano tra i motivi di separazione i frequenti maltrattamenti fisici, l’alcoolismo, i tradimenti e l’induzione alla prostituzione) e il 30% circa è già madre di almeno un figlio.



La seconda considerazione riguarda invece la diffusione del lavoro minorile. Innanzitutto va precisato che il lavoro minorile non è solo una conseguenza della povertà, ma ne è anche causa: nel momento in cui il minore, pressato dalle necessità economiche, abbandona la scuola per svolgere un qualche tipo di attività produttiva (spesso in condizioni di precarietà, sfruttamento, bassa qualifica e scarsa remunerazione), si preclude definitivamente la possibilità di raggiungere la preparazione culturale o professionale per accedere ad un impiego migliore (circolo vizioso della povertà). In secondo luogo bisogna tenere presente che il lavoro minorile è fortemente valorizzato nella società dominicana poiché sancisce il passaggio dalla fase adolescenziale alla "vita adulta", e che le culture latino-americane sono fortemente promotrici del lavoro minorile poiché ritengono possa essere una strategia di prevenzione della devianza giovanile.



Prima di dar conto dell’esperienza di prostituzione è opportuno tratteggiare ora gli scenari tipici della vita di strada in Repubblica Dominicana. Sintetizzando, si può distinguere tra una modalità di prostituzione "formale" (o "tradizionale"), gestita da terze persone e praticata in locali e postriboli di vario tipo (casas de cita, centros cerveceros, cabaret, bares, cafeterías, night-clubs, ecc.) e una "informale", diffusa principalmente nelle strade, nelle spiagge, nei grandi complessi alberghieri e in tutti i luoghi frequentati da turisti. Mentre il primo tipo riguarda esclusivamente le donne e una minoranza di ragazzi omosessuali, la modalità di prostituzione "informale" vede coinvolti giovani di entrambi i sessi. Paradossalmente, nonostante il locale costituisca un luogo di sfruttamento e violenza, la presenza dei gestori riesce a garantire alle ragazze un certo grado di protezione e controllo, mentre in strada i rischi e la pericolosità risultano di gran lunga maggiori, essendo i ragazzi esposti ad abusi ed aggressioni non solo da parte di clienti e criminali, ma anche della polizia. Quest’ultima infatti, lungi dal porsi in un ottica di sostegno o di tutela del minore, adotta un comportamento duramente repressivo nei confronti dei ragazzi di strada, che sono sistematicamente oggetto di arresto arbitrario, e che non di rado vengono derubati, picchiati e insultati dagli stessi poliziotti.



Il primo elemento emerso con forza dalle testimonianze raccolte è una differenziazione in base al genere, che caratterizza in maniera netta e profonda non solo l’esperienza di prostituzione in sé, ma anche l’immagine di se stessi e il modo di rappresentarsi. Nella cultura dominicana la prostituzione è considerata socialmente un’attività di esclusiva competenza femminile, e ciò spiega le molte resistenze ed ambiguità nel definire quella maschile. L’esperienza sul campo ha mostrato infatti che quest’ultima non si articola secondo moduli facilmente riconoscibili e risulta assai difficile ricostruire un "percorso tipico" di ingresso, in quanto gli stessi attori coinvolti sembrano talvolta non avere una percezione chiara del proprio ruolo e dei rischi in cui incorrono.



In linea generale, la figura maschile corrispondente alla prostituta è quella del sanky-panky, ossia di colui che intrattiene rapporti sessuali con turisti (uomini e/o donne) al fine di trarne benefici economici. Considerando il forte disprezzo e la discriminazione della cultura machista nei confronti dell’omosessualità, si comprende perché i soggetti intervistati abbiano ammesso con difficoltà e reticenza di avere relazioni sessuali anche con uomini stranieri: la maggior parte di essi, infatti, tendeva a rappresentarsi piuttosto come un "conquistatore" di donne, ricalcando lo stereotipo del macho latino, negando perfino di ricevere un corrispettivo in cambio delle proprie prestazioni sessuali. Inoltre la parola sanky si carica di una forte connotazione negativa, poiché ad essa vengono associati tutta una serie di comportamenti considerati devianti (furto, uso di droga, bisessualità, ecc.). Per tali ragioni la maggioranza degli intervistati tendeva a prendere le distanze da questo modello pur adottando di fatto simili comportamenti. Tutti i sanky intervistati, di età compresa tra i 16 e i 20 anni, svolgevano un qualche tipo di attività lavorativa nell’ambito del settore turistico (animatori degli hotel, bagnini, personale alberghiero, venditori, ecc.) e, nonostante i bassi livelli di scolarizzazione, non di rado parlavano più di una lingua straniera.



Il fatto che i sanky pratichino la prostituzione saltuariamente all’interno del loro ambiente lavorativo e spesso, a differenza delle ragazze, senza un’esplicita richiesta di denaro, costituisce forse l’aspetto più pericoloso e ambiguo della prostituzione maschile, poiché rende particolarmente difficile approntare programmi di intervento.



Va sottolineato, tuttavia, che la prostituzione viene praticata più o meno occasionalmente anche da molti niños y adolescentes de la calle, ossia da quei minori che, avendo rotto i legami familiari, vivono in strada in condizioni di particolare pericolosità, guadagnandosi da vivere attraverso una serie di attività più o meno legali (accattonaggio, lavoretti precari, furto, ecc.). Nel corso della ricerca, è stata rilevata la presenza di un gruppo di ragazzini lustrascarpe (limpiabotas), di età compresa tra i 10 e i 15 anni, dediti alla prostituzione con turisti stranieri.



Nel caso delle ragazze, la chiara percezione di sé e la conseguente autorappresentazione in termini di "prostitute", hanno consentito di tracciare un percorso tipico che pur tra molteplici varianti e sfumature descrive efficacemente i motivi e le circostanze di inizio. L’ingresso nella prostituzione è strettamente legato alla definitiva espulsione dal nucleo familiare. In genere si tratta, come già analizzato precedentemente, di una fuga da una situazione altamente conflittuale, spesso caratterizzata da maltrattamenti e violenze, che spinge a un’unione precoce in condizioni di immaturità e impreparazione. La successiva separazione in circostanze più o meno traumatiche e l’eventuale presenza di figli da mantenere senza il sostegno del compagno, aumenta lo stato di angoscia e disperazione e rende facilmente vulnerabili di fronte alla prospettiva di un "guadagno facile". In questo momento di difficoltà gioca un ruolo chiave l’incontro con una "amica" (in genere un’intermediaria) la quale, facendo leva sulle necessità economiche della ragazza e sulla sua ingenuità, la conduce in un locale (talvolta dietro compenso da parte dei gestori) e la inizia alla vita di strada.



Una volta entrata a far parte della realtà della prostituzione, con i suoi stili di vita e le sue norme, si inizia un processo di progressivo isolamento e di rottura delle relazioni interpersonali precedentemente stabilite. La mancanza di fiducia negli altri e la durezza delle esperienze vissute quotidianamente spingono all’adozione di comportamenti aggressivi e individualisti, che hanno l’effetto di aumentare ulteriormente le distanze con le altre coetanee "non coinvolte". Quanto più la ragazza va cambiando l’immagine di sé, tanto più tende ad autoemarginarsi dal "mondo rispettabile" e a percepire il rifiuto e la stigmatizzazione sociale. Inoltre, la bassa autostima riduce notevolmente la capacità di influire sul corso della propria vita, tanto che, in bilico tra fatalismo e rassegnazione, le possibilità di cambiamento vengono così affidate a fattori esterni (la speranza di incontrare tra i clienti un "uomo buono", uno straniero, o il verificarsi di un evento miracoloso).



Un’ultima riflessione riguarda il turismo sessuale. Le testimonianze raccolte mostrano in maniera inequivocabile lo stretto legame esistente tra tale fenomeno e la prostituzione minorile, in particolar modo nel caso dei ragazzi sanky la cui clientela è costituita esclusivamente da turisti. Dalle parole dei soggetti intervistati il rapporto con il turista sessuale emerge in tutta la sua problematicità, sia nel suo aspetto di sfruttamento e violenza, sia in quello più sottile e sfuggente di dipendenza. Lo straniero rappresenta spesso ai loro occhi l’unica possibilità di uscire dalla condizione di miseria, di lasciare la prostituzione e di viaggiare fuori del paese. In questo senso la relazione di subordinazione che viene a crearsi sembra riprodurre su piccola scala quella che vincola il Sud al Nord del mondo.



Alcuni studi presentati in occasione del "Primo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Minori" (Stoccolma, agosto 1996) hanno tentato di mettere a fuoco le possibili motivazioni di natura psicologica, sociale e culturale che favoriscono il turismo sessuale. In particolare si è fatto riferimento alla posizione di superiorità economica, alla sensazione di libertà dai vincoli sociali, alla mancanza di conoscenza della lingua e della cultura del paese ospitante, che rafforza pregiudizi e false convinzioni (come ad esempio quella secondo cui la popolazione locale ha meno tabù sessuali), a frustrazioni e insicurezze personali, al bisogno di "evasione", all’emancipazione della donna in occidente, ecc. Se da un punto di vista legislativo, notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni in molti paesi occidentali attraverso l’introduzione del principio dell’extraterritorialità, che stabilisce la perseguibilità in patria di un cittadino che abbia commesso abuso su minori in un paese straniero, molto ancora resta da fare sul fronte della sensibilizzazione. Combattere il turismo sessuale significa in questa prospettiva lavorare intensamente sul piano della conscientizzazione dell’opinione pubblica del Nord del mondo, attraverso una seria critica agli stereotipi e atteggiamenti etnocentrici, educando al rispetto delle culture "altre" e promuovendo una reale conoscenza dei paesi del Terzo Mondo e della questione del sottosviluppo.



Concludendo, in questa breve presentazione del problema della prostituzione minorile a partire da un caso concreto, si è tentato di illustrare come le possibilità di scelta dei minori coinvolti, già pesantemente limitate al momento della nascita, si siano andate ancor più riducendo, fino ad annullarsi, con l’ingresso nel mondo della prostituzione. Una strategia concreta che miri all’ampliamento di tali possibilità di scelta, deve, a parere di chi scrive, da un lato intervenire sul minore stesso offrendogli assistenza e sostegno psicologico nonché occasioni di formazione professionale e culturale, dall’altro, coinvolgere l’intero contesto in cui è inserito (famiglia, scuola, forze di polizia, ma anche, paradossalmente, intermediari e gestori dei locali che svolgono un ruolo chiave nel mondo della prostituzione) per consentire quel processo di ricostruzione di un’immagine positiva di sé e di reintegrazione nel tessuto sociale.



Si auspica, infine, un maggiore impegno da parte della ricerca sociale nell’affrontare i problemi dell’emarginazione e del sottosviluppo, attraverso studi sul campo che siano di aiuto nell’identificare adeguati strumenti di intervento e nel portare alla luce il mondo sommerso di coloro che non hanno occasioni per far sentire la propria voce. In tal senso, la ricerca condotta in Repubblica Dominicana ha voluto dare un piccolo contributo alla conoscenza del fenomeno a partire dagli stessi attori coinvolti, nel pieno rispetto della loro dignità.

http://divinas.altervista.org/prostituzioneminorile.htm

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